mercoledì 15 dicembre 2010

"Con Internet Wikileaks ha scardinato il giornalismo" - Intervista con John Pilger

LONDRA - «Wikileaks sta facendo quello che i giornalisti dovrebbero fare e non stanno facendo. Per questo c'è così tanta invidia». John Pilger, il 71enne decano del giornalismo investigativo britannico, anche lui di origini australiane come Julian Assange, celebre per i suoi documentari sulla guerra in Vietnam e in Cambogia, era ieri nell'anticamera della Westminster Magistrates Court assieme allo scrittore Tariq Ali, e al regista Ken Loach. Tutti venuti a dare sostegno al fondatore di Wikileaks. Per Pilger, che ha festeggiato la notizia del rilascio su cauzione di Assange, Wikileaks «sta cambiando la faccia del giornalismo investigativo. Tutti i giornalisti dovrebbero mostrare solidarietà verso Assange e i suoi collaboratori. Invece si avverte soprattutto il fastidio, dato che molte istituzioni del giornalismo si vedono superare da un gruppo di ragazzi con un sito Internet».

Con l'arresto di Julian Assange si sta aprendo nuovamente il dibattito sulla libertà di informazione. Gli Stati uniti che non vogliono fare la figura dei censori sostengono che Assange non è un giornalista. Lei come giornalista che cosa ne pensa?

Julian Assange sicuramente è un giornalista, come lui stesso mi ha detto. Del resto anche il suo titolo ufficiale è editor-in-chief, o capo redattore di Wikileaks. Poi chi è che decide chi è giornalista o no: il governo Usa? Stando a sentire i portavoce del governo statunitense né io né voi giornalisti de il manifesto verremmo considerati giornalisti, perché abbiamo una «linea politica». Come se i giornalisti mainstream o quelli di destra non avessero una linea politica.

Lei negli ultimi decenni è stato uno dei pionieri del giornalismo investigativo, prima come inviato speciale per il Daily Mirror e poi per la televisione. Qual è la vera novità del giornalismo investigativo via internet?


Prima di tutto la velocità. Wikileaks sta facendo in pochi giorni rivelazioni eclatanti sul funzionamento della diplomazia e dell'apparato militare statunitense che in passato avrebbero richiesto mesi se non anni di lavoro. E ha introdotto un modello interessante in cui i giornalisti diventano «facilitatori» per la diffusione di informazioni rivelate dai whistleblowers (letteralmente i fischiatori, una figura codificata nel mondo anglosassone). Persone che lavorano per lo stato e rendono noti segreti scottanti perché pensano sia giusto che il pubblico venga a sapere. Con o senza internet, non si fa giornalismo investigativo senza questi whistleblowers. Ed è importante che anche loro vengano protetti.

Nonostante l'importanza delle informazioni pubblicate da Wikileaks sembra esserci poca solidarietà da parte dei suoi colleghi giornalisti.


Il fatto è che Wikileaks sta mettendo in imbarazzo i giornalisti tradizionali che negli ultimi anni si sono abituati a fare gli stenografi del potere. È un vero e proprio choc per tante istituzioni giornalistiche come il New York Times, o il Washington Post, ma anche per tanti giornalisti del Guardian, illusi che il loro ruolo fosse insostituibile. Per questo nella stampa serpeggia invidia e risentimento verso Assange. Ma invece di arrabbiarsi dovrebbero cogliere quello che sta succedendo come un invito a tornare a svelare quello che i governi vorrebbero nascondere ai cittadini.

sabato 11 dicembre 2010

Risuona «Anarchy in the Uk»

«Anarchy in the Uk» titolano i giornali gratuiti a cui si aggrappano di mattina i pendolari sulla metropolitana londinese. Gli occhi strabuzzano alla vista della foto di Carlo e Camilla terrorizzati dagli studenti che circondano e colpiscono la Rolls Royce reale sulla luccicante Regent's Street. Qualcuno sogghigna. Altri scuotono la testa. «Fucking students!» - impreca a bassa voce un signore sulla cinquantina avvolto in un cappotto grigio. Il giorno dopo le scene da rivolta urbana viste giovedì prima e dopo il voto della Camera dei Comuni a favore dell'aumento delle rette universitarie a 9.000 sterline l'anno, Londra si risveglia incredula. Con le strade disseminate di cartelli, bastoni e cocci di bottiglia. E con la gente che cerca di capire i motivi di tanta rabbia nel paese della flemma e dell'understatement.

Per i politici che siedono in parlamento quello che si è visto giovedì sulle strade della capitale del Regno Unito è semplicemente «inaccettabile», «bestiale», «criminale». «Dobbiamo essere certi che gli studenti che si comportano in questa maniera vergognosa avvertano tutta la forza della legge di questo paese» - attacca minaccioso il primo ministro conservatore David Cameron che ha fatto i complimenti alla polizia per aver dimostrato «moderazione». Quanto agli studenti si tratta solo di «sognatori» come affermato dal detestato leader liberaldemocratico Nick Clegg. E di sognatori violenti, per giunta.

«C'erano molte persone che chiaramente volevano commettere atti violenti e distruggere proprietà» - ha commentato Cameron che si trova a far fronte a un'ondata di conflitto sociale che apparentemente né lui né i suoi compagni di partito avevano messo pienamente in conto. A dare manforte al primo ministro, nell'aprire la caccia ai «vandali» che hanno avuto l'ardore di mettere a repentaglio l'incolumità degli eredi al trono è il Labour, che per voce di Ed Balls, ministro ombra agli interni attacca la «minoranza violenta» che «ha dirottato una protesta in gran parte pacifica». «Anarchici di professione e agitatori violenti» come li ha definiti il deputato conservatore David Davis, che pure ha votato contro l'aumento delle rette.

La polemica istituzionale si concentra sulla falla alla sicurezza di Carlo d'Inghilterra e Camilla Parker Bowles che avrebbe incassato un colpo nelle costole attraverso la finestra dell'auto finita aperta per errore proprio mentre i manifestanti lanciavano oggetti. Gli uomini della scorta che sarebbero stati sull'orlo di sfoderare le pistole contro i 40 manifestanti che giovedì sera avevano circondato contro la vettura reale nelle strade dello shopping. A finire per l'ennesima volta nell'occhio del ciclone è il capo di Scotland Yard Paul Stephenson: accusato nuovamente di aver sottovalutato le proteste.

Stephenson che ha promesso «un'indagine approfondita» sull'accaduto deve pure fare i conti con le critiche per la violenza della polizia. Una quarantina di manifestanti sono dovuti andare in ospedale per farsi curare le ferite riportate durante la protesta. Tra questi Alfie Meadows, un ragazzo ventenne che studia filosofia alla Middlesex University, sottoposto a un'intervento chirurgico d'emergenza alla testa durato tre ore per fermare un'emorragia cerebrale a seguito di una manganellata. Decine di studenti hanno riportato fratture ed ematomi dopo gli scontri con le forze dell'ordine che non ha esitato a ricorrere a cariche di poliziotti a cavallo per respingere la folla: una cosa così che non si vedeva dal 31 maggio 1990, giorno della grande protesta contro la poll tax voluta dalla lady di ferro Margaret Thatcher.

Ma a uscire veramente pesti da queste settimane di polemica politica e scontri di piazza sono soprattutto i liberaldemocratici che i sondaggi danno ridotti a un misero 8%. Ieri Clegg ha dovuto fare i conti con un'ondata di dimissioni di membri locali del partito che non hanno condiviso il voltagabbana sulle tasse universitarie. E in molti prevedono che il leader libdem potrebbe perdere la leadership, se gli elettori giovani a maggio bocceranno in massa il referendum per il passaggio a un sistema elettorale più proporzionale voluto da Clegg, per farla pagare ai libdem traditori.

"Ci avete rubato tutto, ieri i soldi e oggi la speranza"

«Che cosa diavolo è successo alla Harry Potter generation?», si chiede l’Inghilterra per bene sorpresa dall’esplosione di una rabbia giovanile che non si vedeva da decenni. «Chi semina vento raccoglie tempesta», risponde Jonas, un ragazzo di 17 anni che studia in un college di Hackney nella zona est di Londra. «Che cosa si aspettavano da ragazzi che stanno condannando ad una vita senza futuro?». Una generazione disillusa e arrabbiata, politicizzata ma poco ideologica che sembra trovare nella violenza di piazza l’unico mezzo per esprimere il proprio dissenso contro la politica lacrime e sangue proposta dal governo del Tory Cameron e del Libdem Clegg.

Ragazzi che per parafrasare un celebre proverbio arabo assomigliano molto di più ai tempi di crisi in cui sono cresciuti, piuttosto che ai propri genitori che ai loro tempi di proteste ne hanno fatte poche, per lo più pacifiche, e su problemi che non li toccavano direttamente come la fame nel terzo mondo o l’apartheid in Sudafrica. E che non si sentono rappresentati dal sindacato studentesco percepito come distante e parte del sistema, ma neppure dai gruppuscoli e partitini della sinistra antagonista che pure cercano di approfittare dell’ondata di mobilitazione per reclutare militanti.

Il vecchio motto punk «no compromise» è diventato non a caso uno degli slogan più popolari tra gli studenti che scendono in piazza con tanti cartelli ma poche bandiere. Con la testa incappucciata ed i volti coperti, ed al suono di musica drum’n’base come eravamo abituati a vedere in Germania, in Francia o in Italia. Certo non nel regno di Elisabetta II. E questo antagonismo si riflette nelle dichiarazioni dei leader del movimento per nulla intimiditi dall’attacco della stampa contro gli studenti che il “Sun” bolla «yobs», come i compagni di violenze di Alex in “Arancia Meccanica”.

Per Clare Solomon, presidente del sindacato degli studenti universitari londinesi, «chi parla di violenza è un ipocrita. Sono gli stessi che sostengono la guerra in Afghanistan. I violenti sono quelli che usano i fucili. Non chi rompe una vetrina». Sulla stessa linea Mark Bergfeld, carismatico leader della coalizione Education Activist Network che sostiene che la violenza è stato «il risultato delle condizioni orribili in cui sono stati tenuti gli studenti», finiti cordonati per ore dagli agenti nella zona del Parlamento.

Aaron Porter, presidente del sindacato degli studenti universitari (Nus) che sin dall’occupazione di Millbank dello scorso novembre aveva criticato la «minoranza violenta», si ritrova un pastore senza gregge. La vigilia pacifica di protesta, con tanto di candele organizzata a Embankment sulle sponde del Tamigi, è stata un flop. Solo 7.000 persone contro le oltre 30.000 che hanno partecipato alla manifestazione di fronte al Parlamento in cui si sono visti scontri di massa tra studenti e polizia. Ed ora il fronte radicale degli studenti si sta organizzando per creare un nuovo sindacato degli studenti da opporre al sindacato unico Nus tacciato di moderazione e indecisione.

Il radicalismo che sta provocando una scissione tra moderati ed antagonisti nel movimento studentesco britannico è la spia di un risentimento largamente diffuso non solo tra gli studenti universitari ma anche tra i teenagers delle scuole superiori che gli hanno dato manforte delle proteste. Alla base c’è la percezione di un futuro che rischia di essere senza lavoro come è quello del 17% dei giovani inglesi, dato destinato a crescere nei prossimi mesi a causa del blocco delle assunzioni in buona parte del pubblico impiego e a causa della stretta sull’economia prodotta dai tagli. E va pure peggio per i laureati: il 25% sono senza lavoro in un paese in cui fino a tre anni fa le compagnie facevano incetta di studenti freschi di laurea.

Se ai tempi della crisi continuare a studiare non sembra aumentare le possibilità di trovare un posto di lavoro, per gli studenti l’università continua a rappresentare un approdo dove provare a esaudire i propri sogni anche se non sfoceranno in un posto di lavoro. «Perché devo fare per forza ingegneria o fisica, come vuole il governo?», si chiede Camilla una studentessa di 16 anni che vuole studiare antropologia all’università. Sono queste aspirazioni frustrate che alimentano gli insulti contro i «Tory feccia», e quello che si può solo chiamare un odio di classe contro i banchieri che come denuncia Thomas, uno studente di sociologia, «prima ci hanno rubato i soldi ed adesso ci vogliono rubare anche la speranza».

venerdì 10 dicembre 2010

Assalto al Tesoro

«Vergogna». Un boato di rabbia esplode tra le migliaia di manifestanti assiepati di fronte al Big Ben, quando alle 5 e 42 arriva la notizia che nessuno voleva sentire. L’aumento delle rette universitarie fino a 9.000 sterline è passato con 323 «ayes» and 302 «noes». La ribellione dentro i liberaldemocratici c’è stata. In 21 hanno mantenuto la promessa elettorale di votare contro, tra cui due sottosegretari che si dimessi dagli incarichi di governo. E ad essi si sono uniti 8 deputati conservatori. Ma non è bastato a fermare un provvedimento che come sostiene il presidente del sindacato degli studeti universitari Aaron Porter «è ingiusto, sbagliato e non necessario».
«Un giorno difficile» – ha ammesso Vince Cable il vice-ministro liberaldemocratico all’economia, secondo cui l’aumento delle rette permetterà non solo di «mantenere l’alta qualità delle nostre università» ma anche «di aiutare gli studenti a basso reddito». Di tutt’altro avviso le decine di migliaia di studenti che per tutta la giornata si sono scontrati con la polizia e manifestanti di fronte ad un parlamento trasformato in un bunker come era successo la scorsa settimana nel centro di Roma, per il voto sulla riforma Gelmini. Scontri che sono proseguiti fino a tarda serata con decine di studenti arrestati, ed almeno 100 feriti.
«Tory feccia, stiamo arrivando» – gridava all’unisono il corteo di 20.000 persone partito a mezzogiorno dalla sede università di Londra. Sopra le teste campeggiavano migliaia di cartelli con insulti di ogni tipo diretti contro il traditore Nick Clegg, il vice-primo ministro liberaldemocratico che prima delle elezioni aveva promesso solennemente di opporsi all’aumento delle rette. «Dateci Clegg!» – urlavano ai poliziotti asseragliati dietro le transenne, gli studenti giunti verso l’una e mezza a Parliament Square.
Gli scontri esplodono verso le due quando centinaia di studenti cominciano a spingere contro i mille agenti schierati di fronte al parlamento, usando come arieti, pezzi del recinto messi a protezione del prato di Parliament Square, in vista del matrimonio reale tra il principe William e Kate Middleton. «Uno, due, tre, via!» – urlano i manifestanti, e partono a ripetizione gli spintoni contro le linee della polizia che si difende dietro una transenna attraverso cui gli studenti cercano inutilmente di aprirsi un varco.
Da dietro arrivano rinforzi, spinte ed urla di incoraggiamento. Ma anche caschi verdi, bastoni, scudi di cartone a forma di libro (come quelli usati in Italia), che vengono passati da mano a mano mentre gli studenti si alternano negli scontri. Dalle prime linee vengono portati indietroi feriti, trascinati a braccia dagli amici, con il sangue che gli cola dal naso, dalle guancie e dalla testa. «I prossimi a essere colpiti sarete voi» – urlano esasperati gli studenti contro i poliziotti, che nei prossimi anni verranno letteralmente decimati da pesanti tagli al bilancio per la sicurezza.
«Di qua non si passa». Allora all’improvviso verso le tre all’improvviso la folla cambia strategia e si muove in direzione di Victoria station per «andare a fare una visita al quartiere generale dei Liberaldemocratici», come spiega Lucas un ragazzo di diciott’anni con il cappuccio grigio sulla testa, ed una sciarpa nera a nascondere il volto. La polizia risponde caricando la folla con uno squadrone di 20 agenti a cavallo, che si rizzano spaventati sugli zoccoli per lo scoppio dei mortaretti, ed il bagliore dei fumogeni. E verso le cinque riesce a riportare la situazione sotto controllo, circondando gli studenti con cordoni di agenti schierati in massa sui quattro lati della piazza.
In attesa dei risultati del verdetto della Camera dei Comuni tra gli studenti domina il pessimismo. «Clegg ha cercato di spacciarsi per studente, e molti – me inclusa – gli hanno creduto» – confessa sconsolata Laura una studentessa di Lambeth nel sud di Londra, mentre si attendono i risultati del voto. «Sono dei maiali traditori» – aggiunge senza mezzi termini Elliot uno studente delle scuole superiori di Richmond. «Per colpa di questa gente, adesso rischio seriamente di non poter fare l’università».
Quando infine arriva la cattiva notizia le pietre cominciano a volare da ogni lato. Gli agenti indietreggiano sotto la spinta infuriata degli studenti, e presto sono costretti a ricorrere a gabbie di contenimento per evitare che i manifestanti si facciano strada verso il parlamento. Ma non riescono ad evitare che un centinaio di persone prenda d’assalto il palazzo del ministro del tesoro. Vanno giù le finestre, e in una decina riescono ad irrompere nell’edificio dopo aver sfondato un portone, mentre sul muro compaiono graffiti che inneggiano alla rivoluzione e avvertono i liberaldemocratici: «Ve la faremo pagare». Verso le otto la polizia è costretta a lasciare che la maggioranza delle persone defluisca dalla piazza.
Nella notte continuano gli scontri con gli studenti che prendono d’assalto le strade dello shopping. Preso di mira un negozio della catena Topshop. E nel traffico vengono sorpresi pure Carlo d’Inghilterra, la cui auto viene presa a mattonate da 50 manifestanti. Decine di falò cominciano ad illuminare la notte nel centro di Londra e anche il grande albero di natale in Trafalgar Square va a fuoco, con i pompieri che subito si adoperano per fermare le fiamme. Ma spegnere la rabbia di questa generazione tradita sarà molto più difficile.

venerdì 3 dicembre 2010

"Questa generazione chiede un'altra politica" - Intervista con John McDonnell (sinistra Labour)

«Il vento è cambiato e pure il nuovo leader del Labour Ed Miliband sarà costretto a fare i conti con il forte sentimento di opposizione ai tagli». Ad esserne convinto è John McDonnell, leader della corrente di sinistra all'interno del Labour Socialist Campaign Group e candidato sconfitto nella corsa alla guida del partito nel 2007 e nel 2010.

Per McDonnell portavoce in parlamento di un coordinamento di otto sindacati tra cui quello dei pompieri, dei giornalisti, degli impiegati della pubblica amministrazione e dei lavoratori della metropolitana londinese, «ora c'è soprattutto bisogno di unità tra le diverse lotte per evitare che Cameron ci colpisca e ci sconfigga uno ad uno». In questo contesto, «le proteste studentesche possono diventare la scintilla per la creazione di una coalizione di resistenza contro la politica di tagli della coalizione di governo di Tory e Libdem».

Così tanti studenti coinvolti in proteste così radicali era una cosa che non si vedeva da tanti anni. Che cosa sta succedendo ai giovani in Gran Bretagna?

Ci avevano raccontato che questa era una generazione non ideologizzata, a cui non interessava la politica. Invece è una generazione che si è svegliata e che sta insegnando alla mia generazione che è venuto il tempo di rimettersi in piedi e cominciare a lottare. Dobbiamo stare attenti a non sovraestimare quello che sta succedendo in queste settimane. Ma certamente si tratta di un cambiamento palpabile: un cambiamento che da speranza.

Mentre gli studenti protestano i lavoratori della metropolitana sono andati in sciopero. Prima di loro i pompieri, e i prossimi potrebbero essere i postini di Royal Mail, minacciati dalla privatizzazione. Al momento sembrano lotte scollegate..

L'inizio del nuovo anno porterà una nuova ondata di scioperi, e questa settimana i sindacati si sono incontrati per discutere di come coordinare queste lotte. È importante costruire collegamenti tra i lavoratori e gli studenti, che dal canto loro ci stanno già provando, come hanno fatto lunedì andando a sostenere i picchetti dei lavoratori della metropolitana.

Ed Miliband ha dichiarato di essere stato tentato di solidarizzare con gli studenti, durante le proteste di una settimana fa, ma che purtroppo in quel momento era occupato con altre cose.. È un segnale che pure il Labour si sta svegliando?

Il Labour Party ha un problema di fronte a questa situazione, perchè è stato il Labour stesso in primo luogo a introdurre le rette universitarie (che non esistevano fino al 1999 ndr). Il partito è stato implicato pesantemente nelle politiche neoliberali. Ma al tempo stesso si stanno aprendo brecce dentro il partito, e si sta sviluppando una consapevolezza generale degli errori commessi nel passato durante il periodo New Labour.

Vedremo i laburisti scendere di nuovo in piazza, come non succede da decenni?

Sicuramente c'è bisogno di tornare in piazza e tornare a sostenere i picchetti. Onestamente non mi aspetto che Ed Miliband si trasformerà in un militante dalla sera alla mattina. Più realisticamente mi aspetto che un numero crescente di membri del Labour parteciperanno a queste campagne e la leadership sarà costretta rispondere, per non essere lasciata indietro. Se si vuole tornare al governo, c'è bisogno di riconnettersi con quello che sta succedendo nella comunità.

Se c'è una cosa positiva per il Labour in tutta questa storia, è il collasso dei Libdem, che hanno portato via al partito tanti voti nelle ultime elezioni, specie tra i più giovani..

I Libdem hanno a lungo cercato di mettersi alla sinistra del Labour Party che durante gli anni di governo era scivolato a destra. Ma come dimostrato da questa vicenda il loro essere «di sinistra» era puro opportunismo elettorale. Con il voltafaccia rispetto alle promesse elettorali di opporsi all'aumento delle rette universitarie hanno perso ogni credibilità e rischiano seriamente di implodere. Penso che metà confluiranno nei Tory, mentre l'altra metà passerà al Labour.

mercoledì 1 dicembre 2010

«Don't be kettled»

Fiocchi di neve cadono sulle strade dello shopping del centro di Londra da Oxford Street a Bond Street, imbiancando le illuminazioni natalizie con le immagini dei film della Disney, ed appesantendo i pellicciotti ed i piumini delle signore di Chelsea intente a fare i regali. Una scena da idillio consumista che viene rotta dall'irruzione di gruppetti di studenti, che gridando a squarciagola «no ai tagli all'università, senza se e senza ma», mandano in tilt il traffico di Jaguar e Mercedes, taxi neri e bus rossi a due piani.

«Move, don't get kettled" (muoviti, non farti intrappolare), era la parola d'ordine che girava sui siti del movimento studentesco alla vigilia della terza giornata di protesta contro i piani di riforma del governo Cameron, sostenuto da Conservatori e Liberaldemocratici che vuole triplicare il limite massimo delle rette universitarie, portandolo a 9.000 sterline. Per evitare di finire cordonati dai «bobbies», ed essere costretti per ore al freddo come successo mercoledì scorso, ieri gli studenti britannici hanno dato vita a «blocchi metropolitani», con proteste a macchia di leopardo nel centro della capitale, cogliendo di sorpresa la polizia.

Il tempo gelido e una bufera di neve che, a partire dalla mattinata, ha creato nuovamente disguidi ai trasporti cittadini, reduci da un grande sciopero lunedì scorso, ha limitato il numero di partecipanti a poche migliaia. Ma questo non è bastato a raffreddare l'entusiasmo degli studenti che tra le grida «Tory feccia» e «Libdem traditori», festeggiavano i segni di cedimento all'interno del governo, con i liberaldemocratici intenzionati ad astenersi nella votazione in parlamento. Piccoli scontri con la polizia si sono verificati verso le tre di pomeriggio, quando i diversi «serpentoni» che avevano paralizzato il traffico cittadino si sono radunati in Trafalgar Square. Una decina gli arresti.

Se tra i manifestanti c'erano tanti studenti delle venti università della capitale, come già successo la settimana scorsa, la maggioranza era composta da studenti delle superiori: ragazzini dai 14 ai 17 anni che temono di non potersi più permettere l'università se le rette venissero innalzate. «Io vorrei studiare psicologia» - spiega Alexandra una studentessa quattordicenne, avvolta in una sciarpa di lana per proteggersi dal vento gelido. «Ma dopo che i miei genitori hanno già pagato gli studi dei miei due fratelli maggiori, non so se riusciranno a pagare le mie rette universitarie. È un'ingiustizia verso i più giovani».

A preoccupare molti è anche la prevista eliminazione dell'Ema (Education Maintenance Allowance), un assegno per gli studenti delle scuole superiori. «Al momento mi danno 30 sterline a settimana» - spiega Robin un ragazzo di 16 anni di Southend. «Con quello mi pago il bus per andare a scuola e poco altro. E la sera devo lavorare come cameriere. Se mi togliessero anche quei soldi vorrebbe dire che dovrei lavorare anche il pomeriggio. Studiare per me diventerebbe davvero difficile». Oltre alle proteste della capitale, la giornata è stata segnata da cortei e sit-in decine di città universitarie del Regno Unito. A Cambridge, Edindurgo, Nottingham e Newcastle gli studenti hanno occupato aule e rettorati, mentre a Oxford in centinaia hanno invaso la sede dell'assemblea provinciale. Scontri con la polizia si sono registrati a Brighton, Bristol e Leeds.

Le proteste studentesche si intensificheranno nelle prossime settimane, quando il piano di riforma arriverà in parlamento, con i Liberal-democratici in grave imbarazzo, dopo aver rinnegato la promessa elettorale di opporsi all'aumento delle rette e di fronte a sondaggi che li danno in crollo al 9%. Ieri, parlando alle telecamere della Bbc, Vince Cable, vice-ministro LibDem all'economia, con delega all'università, ha dichiarato che potrebbe astenersi assieme ai colleghi di partito quando il provvedimento verrà votato in parlamento. L'astensione dei LibDem permetterebbe comunque l'approvazione della riforma dell'università. E certamente non basterà a salvare la faccia ad un partito che gli studenti universitari, che a maggio lo avevano votato in massa, accusano di essersi colorato a tradimento di blu conservatore.