domenica 31 maggio 2009

«No copyright e anarchia, in vela nera verso la Ue»

Niente uncino, niente benda sull'occhio e niente pappagallo sulla spalla. Christian Engström delude chi si aspetti di trovarsi di fronte un emulo di Johnny Depp ne "I pirati dei caraibi" - uno dei film campione di download illegali - cosi pure come chi si immagini un giovane hacker arruffato con il volto abbronzato da nottate passate di fronte allo schermo macinando codici. Il capolista del Pirate Party - il partito svedese che lotta per difendere il libero scambio di file su Internet - è un compassato programmatore di mezza età, vestito sportivo ma non troppo. Unico dettaglio insolito la spilletta all'occhiello con la minacciosa vela nera, simbolo della formazione che secondo un sondaggio sarebbe ora addirittura in terza posizione nelle elezioni per il parlamento europeo con l'8% delle intenzioni di voto. Il partito fondato nel 2006 ha avuto un'esplosione di consenso dopo che il 17 aprile scorso i giudici hanno condannato il gestore di Pirate Bay - il sito che indicizza i file torrent usati da milioni di utenti nel mondo per scaricare film, musica e software - a un anno di prigione e 3 milioni di euro di risarcimento per violazione del diritto d'autore. Dopo la sentenza gli iscritti al partito sono passati in pochi giorni da 10 mila a oltre 40 mila. Sospinto dal vento del consenso, il partito dovrebbe riuscire a portare a Strasburgo Christian Engström, da anni impegnato sul fronte della riforma della proprietà intellettuale. Nel 2005 assieme a decine di attivisti di Ffii (Foundation for a free information infrastructure) riuscì a far deragliare la contestata direttiva europea sulla protezione del software.
«Quell'esperienza fu molto importante - racconta - Capii che le istituzioni europee erano una macchina burocratica tutta al servizio delle grandi imprese e mal disposta verso cittadini e attivisti». Ora si prepara a una nuova avventura. «Dobbiamo mettere fine alla relazione pericolosa tra multinazionali e governi, e fermare il loro attacco alle libertà dell'individuo».
La destra vi accusa di essere socialisti per il vostro attacco alle multinazionali del cinema e della musica. La sinistra invece vi accusa di essere di destra perche non vi occupate di lotta di classe. Insomma, si può sapere da che parte state?
Noi non abbiamo interesse a posizionarci nello schema tradizionale sinistra-destra. Se uno guarda ai nostri sostenitori, ci troverà molti anarchici e giovani anti-sistema, ma pure piccoli imprenditori di fede liberale che non sopportano l'arroganza delle multinazionali e del governo che vogliono bloccare lo scambio di file in rete. Del resto il fondatore del nostro partito, Rickard Falkvinge, veniva dal partito liberale.
Molti faticano a capire come la questione del filesharing sia una cosa tanto importante da farci sopra un partito.
Internet è una parte fondamentale della società contemporanea, e quello che è in ballo non è soltanto la libertà di scambiare file ma i diritti fondamentali dell'individuo. Milioni di persone ogni giorno si scambiano file e continueranno a farlo. Anche se i giudici riuscissero a fermare Pirate Bay, ci si inventerà sempre una nuova maniera per scambiare file. L'unico modo che rimane ai governi per fermare questo scambio è quello di sacrificare le libertà individuali sull'altare delle multinazionali e monitorare in maniera totale le comunicazioni private tra cittadini. Se questo succedesse dovremmo dire addio ad alcuni diritti che credevamo garantiti: il diritto alla privacy, il diritto alla libertà di informazione e alla segretezza della corrispondenza. Chi può assicurare che la polizia, una volta che ne avrà la possibilità, si fermerà allo scambio di file musicali?
I media parlano di voi come un partito di protesta. Cercherete di mettere in subbuglio il parlamento europeo?
Noi non siamo un partito di pazzi irragionevoli. Vogliamo realizzare riforme che farebbero bene a tutta Europa. Ad esempio vogliamo riformare il sistema del diritto d'autore. Non eliminarlo. Siamo per mantenere la garanzia del diritto d'autore per cinque anni e per eliminarla per tutti gli scambi che non hanno carattere commerciale. Questo renderebbe tutto lo scambio di file su internet legale, mettendo gli utenti al riparo.
Sicuramente la cosa non piacerà alle multinazionali della musica e del cinema che sostengono che la pirateria provoca pesanti perdite nei loro bilanci.
Tutto questo piangere miseria non mi sembra giustificato. Nel 2008 Hollywood ha avuto l'anno migliore della sua storia in termini di incassi. Che cos'hanno da lamentarsi? Con le nostre misure il 99% delle compagnie del settore sopravvivrebbero e nel contempo si eliminerebbe il ricatto legalizzato delle multinazionali contro i cittadini che scambiano file su Internet e che ora vengono bersagliati da ingiunzioni di pagamento e lettere minatorie.
Le vostre proposte riguardo ai brevetti sembrano essere ancora più radicali.
Fosse per noi i brevetti li elimineremmo domattina. Sono un ostacolo all'innovazione che non aiuta l'economia, specie in un periodo di crisi come questo, in cui eliminare i brevetti potrebbe dare spazio ad una nuova economia dal basso. Per capire lo scandalo dei brevetti basta guardare a quello che le compagnie farmaceutiche stanno facendo nel Terzo Mondo, impedendo a paesi che potrebbero prodursi da soli i medicinali di curare la propria gente.
Sarà un po' difficile fare tutte queste cose con appena uno o al massimo due seggi a Strasburgo.
Sappiamo che questo cambiamento non avverrà da un giorno all'altro e che ci sarà bisogno di creare alleanze ampie. Siamo intenzionati ad aprire il dialogo con altri partiti, in particolare con i Verdi e i Liberali, che sono sensibili a questo problema. Ma neppure questi due gruppi avranno da soli la maggioranza in parlamento. Per questo sarà importante parlare con colleghi di altri gruppi per convincerli a sostenere le nostre proposte. Del resto molti si sono opposti al filesharing per ignoranza, perché non ne capiscono bene i meccanismi o perché si sono bevuti le menzogne delle multinazionali.

mercoledì 13 maggio 2009

Lo scandalo sprechi s'allarga ai conservatori

Auto con chauffeur da Cheshire a Londra: 446 sterline. Spese di giardinaggio nella tenuta di campagna: 5.600 sterline. Pulizia del fossato di una villa del '600: 2.000 sterline. Riparazioni per il campo da tennis: 2.100 sterline. Tutto a carico di contribuenti strangolati dalla crisi globale. Rivelazioni su queste e altre spese fatte da parlamentari conservatori dai gusti raffinati hanno spostato la bufera sui rimborsi per gli onorevoli verso l'ala destra della Camera dei Comuni, costringendo il leader tory David Cameron a correre ai ripari e ordinare ai membri del governo-ombra (compreso se stesso) di restituire i soldi.
Il leader dei conservatori è intervenuto per porgere pubbliche scuse ed evitare che dopo il governo anche l'opposizione venga travolta dal caso, esploso cinque giorni fa con una serie di rivelazioni del Daily Telegraph. Grazie alle (costose) informazioni di una talpa negli uffici della Camera il quotidiano ha messo a nudo i rimborsi facili ottenuti dai membri del governo, dalle 6.500 sterline rimborsate a Brown per spese di pulizia nella propria abitazione a decine di migliaia di sterline ottenute per le spese di casa da diversi ministri.
Gli onorevoli britannici percepiscono uno stipendio di 63mila sterline all'anno, oltre al quale hanno diritto - come quelli di casa nostra - a rimborsi per spese «che si rendano necessarie per l'adempimento delle proprie funzioni». A regolare il sistema ci pensa il «libro verde», un manuale che detta cosa si può rimborsare e cosa no. Ma stando alle rivelazioni di questi giorni, le regole sono rimaste lettera morta.
Il dibattito sui rimborsi dei parlamentari in Gran Bretagna va avanti dal 2007, dopo che alcune associazioni di contribuenti come la Taxpayers Alliance misero sotto accusa un sistema che costa ogni anno al contribuente 80 milioni di sterline. Il caso è stato riaperto due mesi fa con le accuse lanciate contro il ministro degli interni Jacqueline Smith per irregolarità nei contributi per la seconda casa. Emerse come tra i rimborsi fossero finiti pure cinque film a luci rosse acquistati dal marito.
Se i conservatori sono stati scottati dalla vicenda, sono i laburisti a pagare le conseguenze piú pesanti. L'indignazione suscitata nell'opinione pubblica potrebbe dare il colpo di grazia al governo Brown, che sta andando a picco nei sondaggi. Nel partito aumenta il panico in vista delle europee di giugno. Ora pure il Guardian, quotidiano di riferimento del partito, si e fatto avanti per sfiduciare il primo ministro con la sua editorialista Polly Toynbee. Per l'impopolarissimo Brown che ha cercato di difendersi di fronte allo scandalo anche con un video su Youtube, ci mancava solo questa.