mercoledì 24 giugno 2009

«Noi non ci saremo» La delusione no global

Non si preoccupino il ministro Maroni e il capo della polizia Manganelli. Nessuna "orda no-global" si appresta a valicare i patri confini in vista del G8 dell'Aquila. E certo non perché gli attivisti anti-globalizzazione d'oltralpe e d'oltremare siano terrorizzati dai controlli frontalieri rimessi in piedi grazie alla sospensione del trattato di Schengen che scatterà nei prossimi giorni.
«Sarà un anti-G8 tutto italiano»: questa l'impressione che rimbalza da Parigi, a Berlino, a Londra tra quei gruppi di attivisti che in passato hanno partecipato in massa alle mobilitazioni contro il G8 e altri vertici internazionali. Anche dopo l'annuncio del calendario di protesta uscito dall'assemblea di domenica scorsa, in pochi sembrano intenzionati ad unirsi alle proteste a Roma e in Abruzzo, e chi vorrebbe partecipare è preoccupato per la mancanza di informazioni e turbato dalle polemiche e dal nervosismo che serpeggia in quel che resta del movimento no-global in Italia.
A due settimane dall'arrivo in Italia delle delegazioni dei potenti della terra le proteste contro il G8 sono invisibili all'estero e non solo su quotidiani e televisioni ma pure su indymedia (network nato proprio sull'onda delle proteste globali, a partire da Seattle nel '99) e altri siti di informazione alternativa, dove in altre occasioni l'avrebbero fatta da padrone per mesi. «In che giorni ci saranno le manifestazioni?», chiede confusa Liza, un'attivista tedesca che due anni fa ha partecipato alla mobilitazione contro il G8 a Rostock in Germania. «Qua non se ne parla proprio. Non credo che verranno in molti».
I grandi gruppi organizzati che negli anni passati avevano organizzato pullman e treni per portare i sostenitori alle proteste hanno già dato tutti forfait. Dal Nouveau Parti Anticapitaliste di Besancenot al Socialist Workers Party inglese, i trotzkisti non si metteranno in viaggio per l'Aquila. «Siamo concentrati su altre cose», afferma Chris Bambery, direttore di Socialist Workers, organo ufficiale del Swp, «lo spostamento del vertice all'ultimo minuto sembra aver mandato tutto all'aria». «Siamo stremati dopo la campagna per le europee», si giustificano invece dall'Npa, che pure invierà una delegazione simbolica alle proteste.
A tenersi alla larga dalle proteste contro il G8 saranno pure i contingenti nazionali di Attac, che dal 1998 in poi non avevano mancato una protesta globale sul continente europeo. «Purtroppo non possiamo aderire a proteste organizzate ad appena due settimane dall'evento ed i cui contenuti non ci sono noti», afferma Nicolas Berthonneau di Attac France. «È un po' un peccato che vada così. Anche perché sarà il primo G8 dal 1984 per il quale non viene organizzato un controvertice».
Simile sembra essere il clima tra autonomi e anarchici. «Alcuni gruppetti sparuti andranno, ma sarà ben poca cosa rispetto a 8 anni fa», afferma Hannah Jobst di Gipfelsoli, un'organizzazione che ha sostenuto le mobilitazioni contro il G8 negli ultimi anni. «Sappiamo bene che il movimento italiano sta facendo del suo meglio in una situazione difficile e dichiariamo la nostra solidarietà». Solidarietà che sarà espressa in Germania con due manifestazioni anti-G8: una il 4 luglio a Berlino e un'altra l'11 luglio a Friburgo subito dopo la conclusione del vertice.
Per i piccoli gruppi e individui che nonostante l'incertezza che impera sulle proteste vogliono manifestare all'Aquila, l'impressione è quella di non essere i benvenuti. «Ci sono campeggi di protesta o centri sociali dove è possibile dormire?» chiedono invano gli attivisti stranieri sulle tante mailing list rimaste in piedi dagli anni delle grandi proteste no-global. «Non è chiaro quali siano i piani per la protesta e penso che molti internazionali non verranno per questo motivo», afferma Shimri, un refusenik israeliano che dopo aver partecipato a diverse proteste globali negli anni scorsi si sta preparando per venire in Italia con alcuni amici. «Non so quali siano le ragioni di tutta questa confusione, per cui al momento non voglio emettere giudizi».
Ma dietro la prudenza e il rispetto per le decisioni prese nelle assemblee degli ultimi giorni si avverte l'incredulità per quanto poco sia rimasto del movimento anti-globalizzazione ad appena otto anni di distanza da Genova, se non le lacerazioni aperte tra le diverse anime del movimento in Italia e le ferite mai rimarginate di quegli attivisti internazionali che, passati per la "macelleria" della Diaz e di Bolzaneto, si sono ripromessi di non rimettere mai più piede in Italia.

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