domenica 28 giugno 2009

Il diritto d'asilo finisce nelle «giungle»

«Grazie per il sostegno che ci state dando. E' molto importante la vostra solidarieta. Purtroppo non possiamo unirci alla protesta perché e troppo pericoloso per noi», diceva un ragazzo afghano nell'ultima assemblea prima della protesta di ieri a sostengo dei migranti a Calais: la porta d'Europa sull'Inghilterra, che per molti migranti in arrivo dall'Asia e dall'Africa si rivela un cancello sbarrato. E ieri e andata proprio cosi. Mentre i ragazzi e le ragazze giunte da diversi paesi della «fortezza Europa» al campeggio di protesta no border invadevano le strade di Calais, i sans-papiers per cui manifestavano, per paura di rappresaglie della polizia, si sono ritirati nei loro accampamenti tra boscaglia ed edifici abbandonati.
Si tratta di quell'area di Calais che qui migranti e abitanti locali chiamano «la giungla», o ancora meglio le giungle, per distinguere le diverse boscaglie abitate da persone provenienti dall'Asia meridionale - afghani pashtun e azeri, iraniani, curdi, indo-pachistani, palestinesi - ma pure da africani tra cui somali, sudanesi ed eritrei. Secondo alcune stime qui si troverebbero quasi duemila migranti in attesa della volta buona per passare la Manica, nascosti tra i container o sui Tir. Gente in fuga da guerra e violenza che vuole andare in Gran Bretagna perché spera di ottenervi il diritto di asilo che non gli è stato concesso in Francia. C'è chi ha provato 18 volte e non c'è riuscito. Molti rimangono per mesi o anni nelle giungle, dove sono oggetto della continua minaccia delle ronde di polizia e degli sgomberi. Alcuni per la disperazione provano ad attraversare la Manica camminando lungo le gallerie dell'Eurotunnel, dove i treni sfrecciano a 160 chilometri orari, come hanno fatto quattro afghani a fine anno. Questa situazione va avanti da meta anni '90 e si è aggravata nel 2004, quando Francia e Regno Unito hanno stretto un accordo per scambiarsi posti di frontiera a Dover e Calais, decisione voluta dal Regno Unito per evitare l'arrivo di richiedenti asilo.
Per mettere in luce questa situazione tragica, ieri 2.000 manifestanti hanno attraversato Calais, chiedendo di eliminare i controlli migratori. Contro di loro la polizia anti-sommosa presidiava la citta, dopo una pesante campagna di stampa che anticipava il rischio di violenze. I Crs francesi armati di gas lacrimogeni e granate sonore hanno rallentato il cammino dei manifestanti provenienti dal campeggio verso il faro di Calais, dove si sono uniti con partiti, sindacati e gruppi religiosi. Le scaramucce sono continuate, con diversi manifestanti feriti dalle manganellate. Poca cosa però rispetto alla tensione dell'altro ieri, quando la polizia sembrava intenzionata a sgomberare il campeggio di protesta dopo che alcuni manifestanti avevano bloccato per alcune ore la vicina autostrada.
«Abbiamo mostrato che i migranti non sono soli a conbattere i confini», ha affermato Lounes, attivista parigino di origini algerine. «L'esistenza dei confini crea razzismo e odio verso il diverso. Il diritto al movimento è un diritto fondamentale. Bisogna poter scappare da situazioni dove affronta violenza e miseria e andare altrove per farsi un'altra vita». Per Tom, attivista gallese, «i migranti illegali vengono da paesi che continuano a essere depredati in maniera coloniale, e magari pure vittime dell'attacco militare dei paesi occidentali. Come si puo negare il diritto di asilo agli afghani, dopo quello che abbiamo fatto là negli ultimi 8 anni?».
Le proteste di questi giorni sono sicuramente riuscite ad attirare l'attenzione dei media e a mettere in imbarazzo le istituzioni, che cercano di nascondere il problema - qualche anno fa hanno fatto fuori il centro della Croce Rossa di Sangatte, che forniva almeno cibo e indumenti ai migranti. Quanto a un cambiamento della politica migratoria, nessuna soluzione è in vista per i migranti radunati a Calais - nonostante il sindaco della cittadina, Natacha Bouchat dell'Ump di Sarkozy, si sia dichiarata favorevole a eliminare questo assurdo confine nel cuore dell'Europa, pur di liberarsi dei migranti costretti a vagare per le strade di Calais.
Le tende del campeggio «no border» saranno levate già domani, gli accampamenti dei migranti continueranno a punteggiare le giungle nella zona vicino al porto nei mesi e negli anni a venire. «I politici ci dicono che l'abolizione dei confini è cosa assurda» afferma Hassan, attivista iraniano arrivato a Londra 20 anni fa: «Eppure in Europa da più di 15 anni di fatto si vive senza confini tra paesi molto diversi tra di loro anche in termine di ricchezza, e non mi pare che sia successo il pandemonio». Nell'attesa che qualcuno dia ascolto a idee come questa, ai migranti non resta che sperare in un posto tra i container per attraversare le 21 miglia che separano Calais da Dover, in Inghilterra, al modico costo di mille euro.

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