«Possiamo essere per Cameron quello che la rivolta  contro la poll-tax è  stato per la Thatcher». Gli animi sono infiammati  all’assemblea della  rete «Education activist network», che riunisce  studenti e professori  in lotta contro i tagli. Tra i banchi dell’aula  magna del King’s  College, sulla centralissima Strand a Londra, gli  applausi scrosciano  calorosi ogni volta che un oratore fa quadrato nel  difendere  l’invasione della sede dei conservatori a Millbank di  mercoledì scorso,  mentre boati risuonano ogni volta che qualcuno  pronuncia la parola  «violenza».
La parola d’ordine è «unità». La  linea: i violenti sono loro,  freghiamocene della cattiva stampa. Il più  cauto è Alan Whitaker,  presidente del sindacato dei professori  universitari, University and  College Union (Ucu), che si limita a dire  che lui i fatti di mercoledì  scorso «non li condanna», fatta eccezione  per l’estintore tirato dal  tetto del palazzo. Decisamente più caldo Mark  Bergfeld, consigliere  nazionale del sindacato degli studenti, National  Union of Students  (Nus), afferma che i «veri vandali non sono quelli che  hanno rotto un  paio di finestre, ma quelli che siedono in parlamento o a  Millbank e i  Liberaldemocratici che hanno tradito le promesse».
Il  grande assente è Aaron Porter, il presidente del sindacato studenti,  che  non si fa vedere da queste parti dopo aver definito in televisione   l’occupazione di Millbank «l’azione vergognosa» di una «minoranza di   facinorosi». I fischi della platea vanno a lui, accusato di voler far   carriera nel partito laburista. A Downing Street che ha definito   «irresponsabili» i docenti del Goldsmiths che in un comunicato avevano   applaudito come «magnifici» gli eventi di mercoledì. E alla stampa di   destra accusata di alimentare una caccia alle streghe contro gli   studenti. Il pensiero vola agli studenti italiani, francesi e tedeschi   in mobilitazione contro le politiche di tagli all’università, che ora   non vengono più guardati con complesso d’inferiorità. «C’è uno spirito   francese nell’aria» proclama uno studente.
Dopo la grande  manifestazione contro i tagli all’università del 10 di  Novembre,  culminata nell’occupazione e nella devastazione della sede  del partito  Conservatore, a Millbank sulle sponde del Tamigi, il  movimento  studentesco britannico non si ferma. Mentre in Italia gli  studenti  ultimavano i preparativi per la grande manifestazione di oggi  contro la  riforma Gelmini, gli atenei della Gran Bretagna hanno visto  decine di  assemblee per discutere i prossimi passi della mobilitazione  contro i  tagli all’università.
La protesta riesploderà mercoledì 24 Novembre,  quando la riforma sarà  in discussione in parlamento. Gli attivisti  vogliono fermare il  provvedimento che prevede l’eliminazione completa  dei sussidi statali  per la didattica universitaria fatta eccezione per  le materie  scientifiche e tecnologiche, ed un aumento delle tasse  universitarie  fino a 9.000 sterline all’anno. Nella mattinata studenti e  professori  abbandoneranno le classi dando vita a scioperi selvaggi ed  occupazioni.  Poi alle due di pomeriggio partirà un assedio contro la  sede del  partito Liberaldemocratico, a due passi da Westmintster, per  far pagare  il «tradimento» al partito di Clegg, che aveva promesso di  opporsi  agli aumenti delle rette per l’università. In vista della  protesta del  24 nei campus inglesi sono cominciate una serie di  occupazioni, come  successo nei giorni scorsoi alla Sussex University e  alla Manchester  University, che si prevede moltiplicheranno nei prossimi  giorni.
Per studenti come Sean, studente di storia al Goldsmiths il  ritrovato  antagonismo degli studenti «è una sorpresa gradita, una  dimostrazione  che gli studenti non si faranno mettere i piedi in testa».  Ma non tutti  sono d’accordo. «Le azioni di una minoranza di studenti  hanno oscurato  quelle di molte persone che erano alla loro prima  manifestazione»  afferma Luka, studentessa di antropologia alla London  Schools of  Economics. «Molti studenti sono irritati e confusi per quello  che è  successo mercoledì scorso. Sarà difficile ripetere quello spirito  di  entusiasmo».
Per evitare l’isolamento, i leader del movimento  puntano a un’alleanza  che comprenda i sindacati dei pompieri e dei  lavoratori della  metropolitana che hanno organizzato grandi proteste  nelle ultime  settimane, ed i sindacati dei lavoratori pubblici. Mark  Serwotka  segretario del sindacato Pcs, che annovera 320.000 iscritti tra  gli  impiegati pubblici ha firmato l’appello per l’unità e si è detto   disponibile a proteste congiunte. Dichiarazioni di sostegno sono giunte   anche dal sindacato degli insegnanti Nut, e si spera che l’alleanza si   allarghi progressivamente a tutti i settori colpiti dai tagli. Tanto  che  in alcune assemblee qualcuno ha pure azzardato un’improbabile  alleanza  con i sindacati di polizia. In fondo «non verranno anche loro  decimati  dai tagli?».
Nessun commento:
Posta un commento