Si è mossa un'altra pedina nell'offensiva del Vaticano contro Amnesty International. Ieri il cardinale di Edimburgo Keith O' Brien ha annunciato il proprio addio dopo quarant'anni di iscrizione in protesta per l'inserimento dell'aborto in caso di stupro o di gravidanze pericolose nella lista dei diritti umani difesi dall'organizzazione. La carismatica guida spirituale dei cattolici scozzesi - che si è guadagnato il soprannome di «cardinal discordia» nella stampa britannica per le sue aperture sul celibato dei preti, la contraccezione e l'ordinazione delle donne accompagnate da esternazioni contro gay e musulmani - ha accusato Amnesty di essere il capofila di una campagna internazionale per il diritto universale all'aborto. Circostanza respinta da Amnesty che precisa: «Quello che noi sosteniamo è una posizione molto più limitata che permetta alle donne che hanno subito uno stupro di decidere liberamente se vogliono un aborto. Si tratta di una decisione che potrebbe davvero cambiare le cose per le vittime di violenza in aree martoriate del mondo come il Darfur».
Le dimissioni di O' Brien sono un duro colpo per Amnesty che arriva ad appena una settimana dall'abbandono di un altro alto prelato britannico, il vescovo inglese Michael Evans. Lo stesso giorno era partito un duro attacco di Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace che aveva minacciato di tagliare presunti fondi assegnati ad Amnesty. L'organizzazione per la difesa dei diritti umani ha risposto indignata all'alto prelato smentendo di aver mai ricevuto soldi dal Vaticano cosa che del resto è vietata dal suo statuto.
Amnesty International ha deciso di adottare questa nuova «policy» sull'aborto in aprile nel contesto di una campagna in difesa dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e l'ha poi confermata nel Consiglio Internazionale tenuto a metà agosto a Città del Messico. I 400 membri dell'organo provenienti da 75 paesi hanno riaffermato la posizione dopo una lunga discussione che ha visto l'imbarazzo dei delegati irlandesi, ma anche il sostegno entusiasta dei membri della Polonia e di alcuni paesi dell'America Latina dove l'aborto è fuorilegge.
L'abbandono del cardinal O' Brien sembra confermare il fatto che il Vaticano abbia individuato nella chiesa anglosassone il terreno privilegiato per marcare il distacco del mondo cattolico da Amnesty. Non a caso dopo le prime prese di posizione dei mandarini vaticani era toccato al presidente della conferenza episcopale statunitense William Skylstad lanciare l'ultimatum a Amnesty alla vigilia del consiglio internazionale sostenendo che se confermata la posizione sarebbe stata incompatibile con la presenza di cattolici nell'organizzazione. Il mondo cattolico anglosassone è un'area importante per Amnesty che fu fondata nel 1961 da un militante comunista inglese che si era recentemente convertito alla dottrina di Santa Romana Chiesa. In questo contesto l'addio di O' Brien potrebbe essere l'apripista per altre defezioni tra i cattolici anglosassoni. Ma da Londra Amnesty Internazionale fa sapere che non è spaventata dalla campagna lanciata dal Vaticano. «Noi pensiamo che il sostegno alla nostra associazione debba essere riservato alla coscienza individuale e che non possa essere ostacolato da una questione di fede. Sarebbe insensato che per un solo argomento su cui non ci troviamo d'accordo i cattolici smettessero di sostenere tutte le nostre altre battaglie come quella contro la tortura e contro la pena di morte o in difesa della libertà religiosa per cui Amnesty è stata sempre in prima fila».
giovedì 30 agosto 2007
martedì 21 agosto 2007
Heathrow, buon clima
Londra - Buone notizie, sui giornali, per gli attivisti che ieri si sono svegliati di prima mattina sotto le tende del blocco contro gli uffici della Baa, la compagnia che controlla lo scalo di Heathrow a Londra. Le prime pagine dei giornali inglesi e di diversi quotidiani internazionali sono dedicate alla protesta del Climate change camp contro la terza pista dello aeroporto londinese di Heathrow. Le violenze della polizia sono condannate anche dal destrorso Times. L’azione non-violenta e decentralizzata che ha caratterizzato la protesta ha colpito nel segno ed il blocco continua. Le facce dei dimostranti sono segnate dalla stanchezza ma allargate da sorrisi. Il messaggio è passato. La polizia guarda timidamente il piccolo campeggio abusivo che è stato innalzato dai manifestanti all’entrata del quartier generale e osserva con curiosità l’assemblea pubblica che viene organizzata per decidere sulla continuazione del blocco. Come previsto negli obiettivi dell’azione, domenica gli uffici di Ba sono stati bloccati per oltre 24 ore. I pochi manager che erano riusciti ad evitare i blocchi sono stati coperti dai fischi dei manifestanti e si sono rifugiati disorientati all’interno di un edificio vuoto. Intanto arrivavano le notizie di una serie di altre azioni che stavano allargando la protesta contro compagnie accusate di complicità nel cambiamento climatico. Da un sound system alimentato a pedali usciva musica elettronica, la gente cominciava a ballare. Alcuni attivisti sfilavano in bicicletta nel parcheggio davanti al quartier generale, come a ricordare che le alternative sostenibili di trasporto sono già qua. L’azione era cominciata domenica attorno alle due quando un corteo di circa trecento persone ha sfidato la pioggia e la minaccia delle leggi antiterrorismo per raggiungere il quartier generale di Baa. Gli attivisti sono entrati in un campo coltivato che separa il campeggio dalla zona dell’obiettivo dell’azione e si sono divisi in diverse colonne, adottando una strategia simile a quella utilizzata a Rostock contro il G8. La polizia è intervenuta con agenti antisommossa a cavallo rintuzzando i tentativi di superare una staccionata che difende gli edifici della Baa. In cinque sono stati feriti alla testa, a decine sono stati manganellati. Un poliziotto è stato disarcionato dal cavallo imbizzarrito e i manifestanti che lo soccorrevano sono stati picchiati dalla polizia. Quando ormai tutte le vie di passaggio sembravano essere chiuse, alcuni attivisti hanno sfondato una rete inoltrandosi in un labirinto di villette. La polizia ha provato a formare un cordone ma un centinaio di attivisti è riuscito a passare attraverso gli agenti e raggiungere il parcheggio di fronte al quartier generale di Baa: verranno fermati per cinque ore prima di essere rilasciati. Ma nel frattempo altri attivisti erano riusciti riusciti a formare un blocco all’entrata del parcheggio, resistendo con successo ai tentativi di rimozione degli agenti. Col passare del tempo il bloco è stato rinforzato da gruppi sparsi di attivisti che erano riusciti ad arrivare nella zona attraverso stradine laterali. La polizia ha tentato per l’ultima volta di rimuovere il blocco con le maniere forti, ma vista l’intensa presenza degli organi di informazione è stata costretta a rinunciare. Gli attivisti hanno montato tendoni per ripararsi dalla pioggia, sono saliti sugli alberi per appendere striscioni che recitavano «no a un cambiamento di stile di vita, ma un cambiamento sociale», mentre la folla intonava in coro «No alla terza pista!». E la banda hippie che ha tenuto sveglia la gente fino a tardi offriva un messaggio di speranza: «Non è solo un cambiamento del clima, ma anche un clima di cambiamento». Dopo gli scontri dell’azione di domenica, che hanno portato a 71 il numero degli arrestati durante la settimana di protesta, ieri sono partite una serie di azioni decentralizzate che hanno allargato il fronte dell’ondata di protesta. Otto attivisti hanno bloccato per ore la strada di accesso alla centrale nucleare di Sizewell, incollandosi a blocchi di cemento per ricordare che l’energia atomica non è la soluzione contro il cambiamento climatico. Dodici persone si sono incatenate di fronte alla sede della compagnia petrolifera inglese Bp per denunciare il coinvolgimento della multinazionale nel business del traffico aereo. Stanley Owen, uno degli attivisti che ha partecipato al blocco ha dichiarato: «Non possiamo sostenere la crescita infinita in un mondo con risorse limitate». Un altro obiettivo dei manifestanti sono state le compagnie che offrono programmi di carbon offset, che permettono alle aziende di neutralizzare le proprie emissioni di anidride carbonica attraverso progetti che riducono la presenza di CO2 nell’atmosfera, tra i quali programmi di forestazione. Gli attivisti contestano la validità scientifica di tali operazioni sostenendo è come svuotare una barca con un cucchiaino mentre viene inondata da secchiate d’acqua.
Blocchi stradali hanno colpito Climate Care Oxford e Carbon Neutral Company a Londra. Infine, altre azioni hanno interessato compagnie di trasporto aereo di merci come la Carmel-Agrexco, bloccata, e la Baa Cargo. Dopo il successo di questa serie di azioni, ora gli attivisti guardano con fiducia al futuro della campagna contro il cambiamento climatico. John Jordan, coautore del libro «Siamo dappertutto» (recentemente pubblicato in Italia) non ha dubbi: «Queste proteste segnano la nascita di un movimento di massa. Le compagnie e il governo ci chiedono di cambiare il nostro stile di vita ma intanto costruiscono nuove piste di aeroporti e vanno alla ricerca di nuovi giacimenti petroliferi. Non è sufficiente un cambio nell’etica di consumo, abbiamo bisogno di una ridiscussione strutturale. Da questo punto di vista il cambiamento climatico non è solo un’emergenza ma anche un’opportunità. Un’opportunità per cambiare il modo in cui produciamo, viviamo, creiamo società».
Blocchi stradali hanno colpito Climate Care Oxford e Carbon Neutral Company a Londra. Infine, altre azioni hanno interessato compagnie di trasporto aereo di merci come la Carmel-Agrexco, bloccata, e la Baa Cargo. Dopo il successo di questa serie di azioni, ora gli attivisti guardano con fiducia al futuro della campagna contro il cambiamento climatico. John Jordan, coautore del libro «Siamo dappertutto» (recentemente pubblicato in Italia) non ha dubbi: «Queste proteste segnano la nascita di un movimento di massa. Le compagnie e il governo ci chiedono di cambiare il nostro stile di vita ma intanto costruiscono nuove piste di aeroporti e vanno alla ricerca di nuovi giacimenti petroliferi. Non è sufficiente un cambio nell’etica di consumo, abbiamo bisogno di una ridiscussione strutturale. Da questo punto di vista il cambiamento climatico non è solo un’emergenza ma anche un’opportunità. Un’opportunità per cambiare il modo in cui produciamo, viviamo, creiamo società».
La protesta sul clima assedia Heathrow
Londra - I mulini a vento che alimentano il campeggio di protesta girano veloci sotto le nuvole increspate dalla pioggia. Il ronzio sottile delleeliche è sovrastato dal rombo degli aerei che ogni 50 secondi atterrano e decollano dall’aeroporto di Heathrow, a ovest di Londra. A poche centinaia dalla pista nord del più grande aeroporto inglese i manifestanti guardano perplessi gli aeroplani, meditando sull’incredibile quantità di anidride carbonica che producono a ogni passaggio. Ad appena cinquecento metri dalla pista nord ecco le tende dei manifestanti che si oppongono all’espansione dell’aeroporto di Heathrow - che con la costruzione di una terza pista potrebbe raddoppiare il numero di passeggeri annui entro il 2030, portandolo a 128 milioni.
Più di millecinquecento attivisti affiliati a gruppi anarchici, ambientalisti, autonomi e organizzazioni della società civile sono arrivati da tutto il Regno Unito per rivendicare la necessità dell’azione dal basso di fronte al problema dell’effetto serra. La scorsa estate gli attivisti avevano tentato di bloccare la centrale a carbone di Drax nello Yorkshire che da sola produce più anidride carbonica di decine di paesi del terzo mondo. Quest’anno invece l’obiettivo è il trasporto aereo. che oltre a essere responsabile per il 13% della produzione inglese di anidride carbonica è anche la sorgente di gas serra che sta crescendo più in fretta, vanificando i piccoli passi positivi che si stanno faticosamente facendo in altri settori.
L’aeroporto di Heathrow, responsabile di un terzo della produzione di anidride carbonica del trasporto aereo inglese, produce ogni anno tanto gas serra quanto 5 milioni di automobili. Per denunciare l’assurdità del progetto di espansione oggi i manifestanti si dirigeranno verso l’area dove dovrebbe sorgere la nuova pista di atterraggio, e si disporranno lungo il terreno per segnarne simbolicamente con i propri corpi il futuro tracciato. Porteranno sulle mani le pagine del rapporto pubblicato dal Tyndall Center for Climate Research, che denuncia i rischi connessi all’espansione dell’industria del trasporto aereo, e una serie di cartelli che recitano quello che è diventato il motto di questo campeggio di protesta: «Siamo armati soltanto di scienza».
Nel pomeriggio il corteo si dirigerà verso il quartier generale di Baa, la compagnia proprietà della multinazionale spagnola Ferrovial responsabile della gestione dell’aeroporto, che ha tentato inutilmente di bloccare la protesta. Gruppi autonomi e coalizioni locali adotterano una strategia non-violenta e cercheranno di filtrare attraverso le linee di polizia, tentando di penetrare negli uffici e di bloccarli fino a lunedì mattina. Fronteggeranno forze dell’ordine che hanno già arrestato decine di persone e sono state autorizzate dal governo a utilizzare le leggi speciali contro il terrorismo pur di fermare gli attivisti.
«In ogni caso non vogliamo creare disturbi al traffico aereo o al traffico stradale - spiega Peter, uno dei ragazzi del centro stampa del campeggio. - Non ce l’abbiamo con i passeggeri ma con chi sta facendo profitti incredibili senza preoccuparsi delle conseguenze disastrose dei gas serra prodotti dal trasporto aereo».
Gli abitanti locali che lottano da anni contro l’espansione dell’aeroporto hanno accolto con curiosità e speranza l’arrivo di questa coalizione colorata. Magda, un’anziana abitante del villaggio di Sipson che verrà cancellato dalla costruzione della terza pista dell’aeroporto di Heathrow, mostra ai ragazzi foto d’epoca dell’abitato: il vecchio ufficio della posta, la chiesa, caseggiati del settecento: saranno tutti spazzati via assieme a settecento case su un area di oltre trecentocinquanta ettari.
«Qui abbiamo la nostra casa e i nostri affetti. Alla Baa non gliene importa niente. Questi ragazzi sono molto diversi da noi per ideali e stile di vita ma sono gli unici che ci stanno dando una mano per fare qualcosa. Temo che il progetto non si fermerà. In ogni caso è importante che continuiamo a protestare, questo è un messaggio chiaro per il governo», dice Magda.
La manifestazione è il prodotto di un movimento sociale che sta facendo breccia nell’opinione pubblica britannica e nella stampa progressista, e che sta mettendo in imbarazzo le lobby dell’industria del trasporto aereo. Di fronte all’ipocrisia di un governo che a lato di impegni formali altisonanti contro l’effetto serra ha caldeggiato l’espansione di una serie di aeroporti inglesi tra cui Stansted, Manchester e Birmingham, la campagna contro il cambiamento climatico sta offrendo a gruppi e individui un’occasione per agire in maniera diretta contro le cause dell’effetto serra e sviluppare proposte alternative Il campeggio vuole essere anche uno spazio dove sperimentare tecnologie sostenibili.
Oltre ai mulini a vento, 36 pannelli solari sono l’unica sorgente di energia per le apparecchiature elettriche, i rifiuti vengono riciclati rigorosamente, feci e urine sono utilizzati per produrre compost, mentre il cibo che viene servito è rigorosamente vegano e biologico. E le decisioni seguono il metodo del consenso. Visto dai finestrini degli aerei che riportano i turisti inglesi da vacanze in località soleggiate, il campeggio di protesta forse potrà sembrare un angolo folle del pianeta che sarà presto spazzato via dalle ragioni dell’espansione economica.
Ma le foto dei villaggi dello Oxfordshire allagati dalle pioggie torrenziali di quest’estate, che occupano le pareti delle tende del campeggio, sono un monito sul fatto che l’effetto serra è gia qui e che le conseguenze anche economiche saranno molto più alte del costo che bisogna affrontare per ridurre le emissioni di gas serra.
Come ricorda Martin, un ragazzo venuto dal Sussex: «Abbiamo poco tempo per agire, dieci, al massimo quindici anni. E questo mondo non ha uscite di sicurezza».
Più di millecinquecento attivisti affiliati a gruppi anarchici, ambientalisti, autonomi e organizzazioni della società civile sono arrivati da tutto il Regno Unito per rivendicare la necessità dell’azione dal basso di fronte al problema dell’effetto serra. La scorsa estate gli attivisti avevano tentato di bloccare la centrale a carbone di Drax nello Yorkshire che da sola produce più anidride carbonica di decine di paesi del terzo mondo. Quest’anno invece l’obiettivo è il trasporto aereo. che oltre a essere responsabile per il 13% della produzione inglese di anidride carbonica è anche la sorgente di gas serra che sta crescendo più in fretta, vanificando i piccoli passi positivi che si stanno faticosamente facendo in altri settori.
L’aeroporto di Heathrow, responsabile di un terzo della produzione di anidride carbonica del trasporto aereo inglese, produce ogni anno tanto gas serra quanto 5 milioni di automobili. Per denunciare l’assurdità del progetto di espansione oggi i manifestanti si dirigeranno verso l’area dove dovrebbe sorgere la nuova pista di atterraggio, e si disporranno lungo il terreno per segnarne simbolicamente con i propri corpi il futuro tracciato. Porteranno sulle mani le pagine del rapporto pubblicato dal Tyndall Center for Climate Research, che denuncia i rischi connessi all’espansione dell’industria del trasporto aereo, e una serie di cartelli che recitano quello che è diventato il motto di questo campeggio di protesta: «Siamo armati soltanto di scienza».
Nel pomeriggio il corteo si dirigerà verso il quartier generale di Baa, la compagnia proprietà della multinazionale spagnola Ferrovial responsabile della gestione dell’aeroporto, che ha tentato inutilmente di bloccare la protesta. Gruppi autonomi e coalizioni locali adotterano una strategia non-violenta e cercheranno di filtrare attraverso le linee di polizia, tentando di penetrare negli uffici e di bloccarli fino a lunedì mattina. Fronteggeranno forze dell’ordine che hanno già arrestato decine di persone e sono state autorizzate dal governo a utilizzare le leggi speciali contro il terrorismo pur di fermare gli attivisti.
«In ogni caso non vogliamo creare disturbi al traffico aereo o al traffico stradale - spiega Peter, uno dei ragazzi del centro stampa del campeggio. - Non ce l’abbiamo con i passeggeri ma con chi sta facendo profitti incredibili senza preoccuparsi delle conseguenze disastrose dei gas serra prodotti dal trasporto aereo».
Gli abitanti locali che lottano da anni contro l’espansione dell’aeroporto hanno accolto con curiosità e speranza l’arrivo di questa coalizione colorata. Magda, un’anziana abitante del villaggio di Sipson che verrà cancellato dalla costruzione della terza pista dell’aeroporto di Heathrow, mostra ai ragazzi foto d’epoca dell’abitato: il vecchio ufficio della posta, la chiesa, caseggiati del settecento: saranno tutti spazzati via assieme a settecento case su un area di oltre trecentocinquanta ettari.
«Qui abbiamo la nostra casa e i nostri affetti. Alla Baa non gliene importa niente. Questi ragazzi sono molto diversi da noi per ideali e stile di vita ma sono gli unici che ci stanno dando una mano per fare qualcosa. Temo che il progetto non si fermerà. In ogni caso è importante che continuiamo a protestare, questo è un messaggio chiaro per il governo», dice Magda.
La manifestazione è il prodotto di un movimento sociale che sta facendo breccia nell’opinione pubblica britannica e nella stampa progressista, e che sta mettendo in imbarazzo le lobby dell’industria del trasporto aereo. Di fronte all’ipocrisia di un governo che a lato di impegni formali altisonanti contro l’effetto serra ha caldeggiato l’espansione di una serie di aeroporti inglesi tra cui Stansted, Manchester e Birmingham, la campagna contro il cambiamento climatico sta offrendo a gruppi e individui un’occasione per agire in maniera diretta contro le cause dell’effetto serra e sviluppare proposte alternative Il campeggio vuole essere anche uno spazio dove sperimentare tecnologie sostenibili.
Oltre ai mulini a vento, 36 pannelli solari sono l’unica sorgente di energia per le apparecchiature elettriche, i rifiuti vengono riciclati rigorosamente, feci e urine sono utilizzati per produrre compost, mentre il cibo che viene servito è rigorosamente vegano e biologico. E le decisioni seguono il metodo del consenso. Visto dai finestrini degli aerei che riportano i turisti inglesi da vacanze in località soleggiate, il campeggio di protesta forse potrà sembrare un angolo folle del pianeta che sarà presto spazzato via dalle ragioni dell’espansione economica.
Ma le foto dei villaggi dello Oxfordshire allagati dalle pioggie torrenziali di quest’estate, che occupano le pareti delle tende del campeggio, sono un monito sul fatto che l’effetto serra è gia qui e che le conseguenze anche economiche saranno molto più alte del costo che bisogna affrontare per ridurre le emissioni di gas serra.
Come ricorda Martin, un ragazzo venuto dal Sussex: «Abbiamo poco tempo per agire, dieci, al massimo quindici anni. E questo mondo non ha uscite di sicurezza».
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