Ieri l'Irlanda ha celebrato per via elettorale una versione celtica e composta del «giorno della rabbia» rifilando una batosta al sistema di potere politico ed economico retto per 14 anni dal partito di governo Fianna Fail, che con la sua complicità con investitori immobiliari e banchieri irresponsabili ha portato il paese al collasso economico e all'umiliazione del prestito di salvataggio del Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea.
Stando ai dati parziali che emergono dagli scrutini delle prime preferenze (in Irlanda gli elettori possono esprimerne fino a otto in ordine di gradimento) resi disponibili nella tarda serata di ieri per il partito repubblicano Fianna Fail, si prospetta il peggiore risultato di una storia cominciata nel lontano 1927. Il partito del primo ministro Brian Cowen, che ha deciso di non ripresentarsi per evitare un'umiliazione, ottiene in base alle proiezioni circa il 17% delle preferenze: un terzo del risultato ottenuto nelle ultime elezioni nazionali nel 2007.
A guadagnarne sono soprattutto i cugini centristi del Fine Gael che con il Fianna Fail hanno monopolizzato la scena politica irlandese. Con il 36% dei voti la formazione diventa il partito proietta il proprio leader, il timido Enda Kenny alla poltrona di primo ministro. Festeggiando i risultati Kenny ha promesso di formare un «governo forte del popolo e per il popolo» accusando il Fianna Fail di aver spezzato il legame di fiducia tra cittadini e istituzioni.
Ma per avere la maggioranza in parlamento il Fine Gael, che a Bruxelles è affiliato al partito popolare europeo dovrà quasi certamente fare i conti con i laburisti di Eamon Gilmore, tradizionalmente molto deboli in terra d'Irlanda, che però questa volta segnano un record storico conquistando circa il 20% dei voti. L'alternativa per il Fine Gael sarebbe cercare voti tra i deputati indipendenti. Ma questa viene ritenuta un'opzione troppo costosa e inaffidabile.
Le elezioni vedono anche un'ottima affermazione del Sinn Fein di Gerry Adams che sembra destinato a superare la soglia del 10%, guadagnando seggi anche fuori dalle sue tradizionali roccaforti al confine con l'Irlanda del Nord. A soffrire sono invece i Verdi che pagano la partecipazione al governo Fianna Fail con un consenso dimezzato al 2%. Uno dei dati più significativi di queste elezioni è poi il grande numero di prime preferenze andato a candidati indipendenti e piccoli partiti che assieme raggiungono quota 15%. Tra questi candidati di centro-destra che non si volevano affiliare con il Fianna Fial visto come «partito tossico», ma anche esponenti dei piccoli partiti di sinistra, il Socialist Party e People Before Profit che alleati nella coalizione United Left Alliance riuscirebbero a guadagnare ben 7 seggi al Dail, la camera bassa del parlamento irlandese.
Nella nottata sono già cominciati i contatti tra Fine Gael e Labour per formare un governo di coalizione. Ma tra Labour e Fine Gael non sarà facile limare le differenze emerse durante la campagna elettorale e prima di tutto il modo in cui gestire il prestito da 85 miliardi di Fmi e Bce a cui il governo di Dublino si è dovuto piegare nel novembre scorso per evitare lo scatenamento di una crisi monetaria a livello europeo.
Il leader Labour Gilmore vuole che sia ritoccato il tasso di interesse sulla parte del prestito messa a disposizione dai funzionari di Francoforte, che è stato fissato a un «punitivo» 5,8%: quasi un punto percentuale in più rispetto al prestito concesso alla Grecia. Ma vorrebbe pure un piano di rientro più lento sul deficit, rispetto a quello sostenuto dal Fine Gael che vuole acconsentire alle pesanti richieste di Bruxelles di ridurlo al 3% entro il 2014. Così il risultato delle elezioni irlandesi e le condizioni poste dal Labour per entrare nel governo non potranno che destare preoccupazione nel cancelliere tedesco Angela Merkel terrorizzata dalla prospettiva di un'Irlanda restia ai voleri di Bruxelles e tentata a risfoderare la minaccia dell'insolvenza per ottenere condizioni più favorevoli.
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