mercoledì 23 giugno 2010

Tagli da 90 miliardi Spremuto il welfare, niente sull'evasione

LONDRA. La finanziaria più dura degli ultimi 30 anni ha scritto il Times. No. La più dura degli ultimi 60 anni, ha rincarato il premier David Cameron, quasi fosse un motivo di orgoglio. Dopo le manovre correttive annunciate a catena nelle ultime settimane in Grecia, Spagna, Portogallo, Italia e Germania, ieri è andata in scena la nuova austerity made in Britain, con una finanziaria da record presentata dal nuovo governo di coalizione liberal-conservatore. Una stretta pesantissima che secondo alcune stime vale 75 miliardi di sterline, quasi 90 miliardi di euro, poco meno del 6% del Pil. Una finanziaria in cui alle banche si tolgono gli spiccioli mentre si tagliano i servizi, si attaccano i dipendenti pubblici ed aumentano le imposte indirette.
George Osborne, il cancelliere dello scacchiere, ha cercato di presentare l'«emergency budget» alla Camera dei Comuni come una manovra progressista, «dura ma giusta», scatenando un boato dai banchi dell'opposizione laburista. Osborne ha accusato il governo Labour di dissennatezza finanziaria, che ha messo il nuovo governo di fronte ad una scelta obbligata per «fermare il collasso di fiducia nel sistema economico». Una stretta in cui, promette Osborne, «tutti pagheranno, ma coloro che sono in fondo alla scala dei redditi pagheranno di meno».

A dispetto di queste dichiarazioni, Osborne ha presentato solo tagli su tagli. Tagli che vanno a coprire quasi l'80% della somma sottratta all'economia. Il welfare viene spremuto a fondo, con un risparmio di 11 miliardi dal congelamento e dalla riforma dei contributi per invalidi, bambini, abitazione ed anziani. A questi si sommano 17 miliardi di tagli alla spesa per i diversi ministeri, che vedono ridurre il proprio bilancio del 20%. Viene congelato per due anni lo stipendio dei dipendenti pubblici che guadagnano più di 21.000 sterline, e vengono bloccate le assunzioni. A essere colpiti sono pure i consumatori che devono fare fronte ad un aumento dell'Iva di 2.5 punti che la porta al 20%, con maggiori entrate per 20 miliardi di sterline. Si tratta di un ulteriore carico per la spesa delle famiglie che già fanno fronte ad un costo della vita che nonostante la crisi è rimasto alle stelle, a fronte di un minore reddito e meno posti di lavoro. Unica nota positiva il fatto che 850.000 lavoratori a basso reddito vengono esentati dalle imposte, primo passo incontro alla richiesta liberal-democratica di creare una no-tax zone per i redditi sotto le 10.000 sterline.

Se lavoratori pubblici e consumatori vengono colpiti pesantemente a farla franca sono proprio i responsabili della crisi economica, ed in particolare banche e super-ricchi. Dopo il muso duro mostrato all'impopolare City, per tutta la campagna elettorale, conservatori e liberal-democratici ci sono andati leggeri, e si sono accontentati di prelevare appena 2 miliardi di sterline dalle banche. Niente di fatto anche sul fronte dell'evasione fiscale, stimata a 100 miliardi di sterline all'anno, con tanti facoltosi contribuenti tra cui lo stesso vice-ministro del tesoro Danny Alexander che risultano domiciliati all'estero per ragioni fiscali.
Una manovra lacrime e sangue che però secondo Osborne permetterà di ridurre fortemente il deficit nei prossimi 5 anni il deficit, portandolo dall'attuale 10% all'1%. Stando alle stime del governo l'economia registrerà una mini-ripresa dell'1.2% quest'anno e il 2.8% nel 2012, e anche la disoccupazione scenderà e dopo il picco dell'8% di quest'anno passerà al 6% nel 2012. Il Labour e i sindacati hanno accolto con disapprovazione la manovra correttiva. Harriet Harman che funge da primo ministro ombra per il Labour, in attesa che il congresso del partito elegga un nuovo leader, dopo il discorso di Osborne ha affermato che la manovra aumenterà la disoccupazione e bloccherà l'economia. Per il segretario della Trade unions Brendan Barber «la manovra dimostra l'incomprensione dello stato dell'economia». Ma nonostante i tagli e le parole la risposta politica e sociale non si vede.

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