«Guerra alla guerra» recitano le scritte sui muri dei quartieri di Strasburgo attraversati dalle proteste contro la Nato nel giorno del suo sessantesimo anniversario. E a Strasburgo, città che fu a lungo oggetto del contendere tra Francia e Germania, la guerra vista ieri in piazza, con violenti scontri e oltre 50 feriti, non aveva niente a che fare con una guerra tra nazioni ma piuttosto una guerra interna tra le forze di polizia e movimenti radicali.
Da un lato l'asse tra polizia francese e tedesca che si sono palleggiate per tutto il giorno il corteo, costringendolo ad andare avanti e indietro senza permettergli di raggiungere la destinazione finale. Dall'altro l'asse tra anarco-autonomia, tedesca e francese, che ha dato vita a un grande blocco nero che ieri rappresentava circa metà dell'intero corteo. Pomo della discordia una conferenza in cui Obama è infine riuscito a ottenere dagli alleati 5000 soldati in più per mettere le pezze all'occupazione in Afghanistan.
Di prima mattina gruppi di manifestanti abbandonano il campeggio no-Nato di fronte al quale venerdì notte si era svolta una battaglia dura tra polizia e black bloc infuriati per la notizia del morto durante le proteste contro il G20 a Londra. Gruppi di manifestanti scorrono di fianco a una grande barricata che protegge l'entrata al campeggio. La gente delle villette della zona prese in ostaggio dalla protesta non sembra troppo spaventata. Una coppia sulla cinquantina osserva incuriosita un gruppo di ragazzi vestiti di nero e con le maschere anti-gas che cantano in francese «chi ha rubato dovrà pagare».
I manifestanti camminano a passo spedito per raggiungere il punto di raduno della manifestazione, prima che la polizia riesca a spegnerla sul nascere. Si passa tra i palazzi popolari e multietnici della banlieue di Strasburgo. Famiglie turche, iraniane, algerine guardano curiose dai balconi le bandiere e gli striscioni che gridano allo scandalo della guerra. Bambini assiepati sull'erba che si mettono a scherzare con un attivista vestito da Bambi il cerbiatto. Ragazzine dei palazzi popolari, vestite di rosa, che mimano il pugno alzato alla gente che passa. Sorrisi.
Quando la maggior parte delle persone arriva finalmente al punto di partenza del corteo, la strada è già diventata un campo di battaglia tra polizia e manifestanti. Bombe sonore fanno tremare i timpani e feriscono volto e braccia. Pallottole di gomma che fischiano sopra la testa. Il fumo acre delle barricate che si mischia al fumo irritante dei lacrimogeni, portando le persone a coprirsi la bocca e a tossire nervosamente. In mezzo al fumo il bagliore improvviso delle molotov che tengono a bada la polizia francese. Un gruppo di ragazzi francesi abbatte una telecamera facendo partire la cantilena «anti-anti-anti-capitalista».
Col passare del tempo il corteo si fa più forte e determinato: le forze dell'ordine arretrano, le bandiere rosse di trotzkisti e maoisti e gli stendardi neri e rossoneri degli anarchici avanzano rapide verso il confine tra Francia e Germania. Si passa il primo ponte, il Pont Vauban che passa sopra un canale alimentato dalle acque del Reno. In mezzo alla folla un pupazzo di Obama con la tuta mimetica e la bussola simbolo della mano che imbraccia un fucile. Banlieusard locali costeggiano il corteo a cavallo dei loro motorini e fanno cenni d'intesa ai black bloc assieme ai quali avevano assaltato una stazione di polizia nella zona del campeggio.
Ragazzini dei palazzi popolari, con tute da rapper e cappelli da baseball danno indicazioni su possibili vie di fuga e guardano attenti per imparare come ci si comporta in queste situazioni. Il corteo procede tranquillo fin quando si intravede il Ponte dell'Europa, simbolo della fratellanza franco-tedesca e monumento all'alleanza tra Schuman ed Adenauer. I black bloc si preparano nuovamente alla battaglia. Carrelli colmi di pietre vengono portati verso la rampa che conduce al ponte. Ma il ponte è imprendibile. La polizia tedesca lo controlla con due grandi blindati armati di idranti che occupano le due corsie e un numero ingente di agenti anti-sommossa pronti a difendere gli spiragli rimasti aperti. Gruppi di ragazzi portano transenne e pezzi di legno per innalzare un barricata da questo lato del ponte. La polizia rimane sicura sulle sue posizioni in un tacito compromesso: noi non avanziamo, voi non passate.
Per rifarsi dal blocco della polizia ragazzi bardati di nero prendono d'assalto una dogana abbandonata che presto va a fuoco liberando un'alta colonna di fumo. La stessa sorte tocca a un albergo, l'Ibis, che viene prima preso a sassate e poi dato alle fiamme. Sotto la furia del blocco nero finiscono pure un autolavaggio, un centro commerciale e un ufficio nella zona portuale. Mentre la dogana sta cominciando ad andare a fuoco un anziano pacifista tedesco urla ad alcuni black bloc: «Noi lottiamo per la pace e quindi dobbiamo usare la non violenza. Altrimenti perdiamo il dibattito sui media». Ma i ragazzi non sembrano dargli retta.
Un pacifista francese con la bandiera arcobaleno non nasconde l'indignazione e facendo strada a un pacifista d'oltremanica gli dice: «Andiamo via di qua per far vedere che noi non abbiamo niente a che fare con tutta questa distruzione».
Trotzkisti e pacifisti si allontanano dai black bloc per riunirsi in uno spiazzo dove è stato montato un grande palco su cui cominciano i comizi. La situazione si fa più calma. Ma verso le tre si fa rivedere la polizia francese, infuriata per l'incendio all'hotel Ibis. Elicotteri delle forze dell'ordine cominciano a farsi minacciosi passando appena sopra gli alberi in un parco dove alcuni manifestanti si sono stesi per riprendere le forze. Reparti anti-sommossa tirano gas lacrimogeni a casaccio per liberare l'area, bersagliando pure lo spezzone di corteo che aveva deciso di mettersi in disparte dopo l'inizio delle violenze.
A questo punto il corteo decide di tornare verso il campeggio. Ma sulla sua strada incontra le camionette della polizia parcheggiate una dietro l'altra che si bloccano a vicenda e diventano facile bersaglio del black bloc che le sorprendono dall'alto di un ponte ferroviario, bersagliandole con i sassi della massicciata. Chris Knight, uno degli animatori delle proteste contro il G20 a Londra, osserva compiaciuto la scena dall'alto.
Nel tardo pomeriggio, stremati da ore di scontri con la polizia, in molti si siedono e gli agenti decidono finalmente di lasciare che il corteo torni al campeggio. Per bloccare una nuova carica alcuni ragazzi spingono dei vagoni ferroviari adibiti al trasporto di cereali in mezzo alla strada dove diventano eccellenti barricate. La polizia risponde intensificando il lancio di gas lacrimogeni. Si va avanti così con continui botta e risposta fino a tarda serata. Poco a poco alcuni gruppi riescono a trovare spiragli nel dispositivo di sicurezza innalzato dalla polizia francese. La polizia cerca di intercettare alcuni gruppi sul percorso verso il campeggio. Sulla via di casa nuovi alterchi tra autonomi e pacifisti. «La violenza vera è quella in Afghanistan», urla un ragazzo francese a un vecchio che tenta di fermarlo mentre sfonda i vetri di una fermata del bus. «Questi sono solo un po' di vetri rotti».
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