«Trenta anni fa abbiamo vinto le elezioni lottando contro le tasse al 98% per i più ricchi. Oggi dobbiamo mostrare che siamo indignati di fronte alle ingiustizie verso i più poveri». Nel discorso di chiusura del congresso del partito conservatore a Manchester - a poco più di sette mesi da elezioni che potrebbero vedere il ritorno dei conservatori a Downing Street dopo 12 anni di opposizione - il leader dell'opposizione David Cameron, ha presentato i Tory come un partito che ha cambiato pelle. Un partito «progressista» impegnato per la giustizia sociale e rispettoso delle minoranze. Un partito che può riuscire a «rimettere la Gran Bretagna in piedi» senza produrre tensioni tra le classi sociali.
Quarantadue anni, di cui quattro alla guida del partito di Margaret Thatcher, il leader dei conservatori ha puntato tutto il suo discorso sul tentativo di conquistare la fiducia di quei tanti sudditi di Sua Maestà che non ne vogliono più sapere del Labour ma sono ancora lungi dall'essere innamorati dei conservatori. Al centro del suo intervento, l'immagine di un «paese rotto», oberato dal debito pubblico, sfiancato dalla disoccupazione, lacerato dalla crisi delle famiglie e inquieto per una gioventù priva di speranza e prona alla violenza. La soluzione? Non più il «big government» offerto dal Labour. Non uno «stato forte» ma «una società forte, famiglie forti, comunità forti» ed una «assunzione di responsabilità» da parte dei cittadini. Espressioni che riecheggiano la retorica della responsabilità di Barack Obama, molto ammirato da Cameron, con le scritte «pronti per il cambiamento» che campeggiano sulle pareti del centro conferenze. Il tutto all'insegna del «conservatorismo compassionevole», la nuova ideologia che Cameron ha preparato per convincere quella parte della Gran Bretagna che ancora si ricorda del cinismo dell'era Thatcher. Ma quanto c'è di vero in questo cambiamento di quello che ancora in molti chiamano il «nasty party», il partito cattivo?
«Non sono più il partito razzista e omofobo degli anni '80», sostengono i giornalisti del Guardian e dell'Independent che hanno assistito al congresso, facendo notare come nel programma abbondassero eventi dedicati a ambiente, multiculturalità e diritti di gay e lesbiche, e tra i delegati ci fossero più donne e componenti di minoranze etniche rispetto al passato. Ma non molto sembra essere cambiato sul fronte della politica economica, dove la parola d'ordine è quella del libero mercato e del taglio alla spesa pubblica.
Per il cancelliere ombra George Osborne servirà una nuova era di austerità per rimettere in sesto le finanze pubbliche. A pagarla saranno famiglie a basso reddito, disoccupati e dipendenti pubblici. Violando l'usanza di non svelare tagli pesanti prima delle elezioni, Osborne ha annunciato un congelamento dei redditi per un anno che colpirà 5 milioni di dipendenti pubblici. L'aumento dell'età pensionabile a 66 anni verrà anticipato dal 2020 al 2016. Cancellati provvedimenti a favore dei bambini più poveri. E i conservatori hanno pure in serbo tagli pesanti ai sussidi di disoccupazione «perché tutte le persone che possono lavorare devono lavorare».
«Siamo tutti sulla stessa barca», ha rassicurato Osborne affermando che ogni classe sociale dovrà fare la sua parte per contribuire a sanare la crisi economica, e che il governo Tory.
Tuttavia la classe imprenditoriale e finanziaria che durante il periodo di crescita dell'economia dell'ultimo decennio ha ingrandito il proprio patrimonio e ristrutturato le proprie case di campagna verrà in buona parte risparmiata dalla nuova politica di austerità. L'aliquota per i redditi più alti innalzata dal 45 al 50% nell'ultima finanziaria targata Labour verrà mantenuta ha promesso Osborne. Ma la tassa sull'eredità verrà cancellata per patrimoni inferiori ad un milione di sterline. «Faremo una riforma sociale tanto radicale quanto quella economica della Thatcher», ha promesso ieri Cameron a un paese che ancora non si fida dei Tory. E a vedere quello che intendono per riforma sociale c'è proprio da aver paura.
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