I dirigenti di Royal Mail lo chiamano «piano di modernizzazione», con un corredo di un miliardo di sterline di investimento in macchinari e l'obiettivo di rendere le poste nazionali capaci di competere con altre compagnie postali su un mercato europeo liberalizzato. Ma per i lavoratori delle poste britanniche la proposta del management dell'azienda non è nient'altro che un tentativo di dare il via alla privatizzazione di un'impresa che si è salvata alla svendita delle aziende pubbliche durante gli anni '80 e '90, e che negli ultimi mesi è scampata ad un piano di privatizzazioni, fortemente voluto dal potente ministro dell'Industria Peter Mandelson.
Per chiedere garanzie sul mantenimento dei posti di lavoro ed attaccare l'intenzione dell'azienda di puntare su impieghi di breve termine e part-time, decine di migliaia di lavoratori aderenti a Cwu (Communication Workers' Union) ieri hanno incrociato le braccia. Sin dalle prime ore della mattina 40.000 addetti allo sportello, impiegati e autisti dei furgoni rossi che ogni giorno riempiono le buche delle lettere dei sudditi di Sua Maestà si sono radunati di fronte alle centrali di smistamento di diverse città del Regno Unito. Oggi sarà la volta di 78.000 lavoratori addetti alla raccolta e alla consegna della posta. Lo sciopero ha già creato un forte rallentamento nella consegna di lettere e pacchi, e si prevede che se la disputa andrà avanti, produrrà rallentamenti nella consegna che si protrarranno fino al trafficato periodo delle vacanze natalizie. Per rispondere allo sciopero l'azienda ha deciso di assumere temporaneamente 30.000 lavoratori, e ha aperto nuovi centri di smistamento.
«I picchetti sono forti, con quasi il 100% della forza lavoro» - ha affermato Mole Meade, portavoce del sindacato Cwu, alla fine di una lunga giornata di picchettaggio, al centro di raccolta di Londra Est. «I lavoratori sono motivatati a continuare questa battaglia». «Royal Mail è un'azienda sana, che sta facendo profitti pure nella più grande recessione degli ultimi decenni. Qui non c'è bisogno di un piano di ristrutturazione come quello proposto dall'azienda» - ha dichiarato Pal Frey, delegato sindacale che rappresenta 11.000 lavoratori postali nella capitale. «Temiamo è che governo e management stiano cercando di mandare l'azienda in crisi, per poi dire che l'unica soluzione è la privatizzazione».
Le trattative tra azienda e sindacato, che Gordon Brown, ieri, ha invitato ripetutamente a sedere al tavolo, non danno segni di progresso e se non si arriverà ad una soluzione nei prossimi giorni i lavoratori minacciano di tornare a scioperare per tre giorni la prossima settimana. Per il primo ministro Gordon Brown lo sciopero è un'altra bella gatta da pelare in un momento non facile per l'esecutivo. Un conflitto che porta alla ribalta lo scontro tra il Labour Party e i sindacati che sono i suoi principali finanziatori, sul piano di privatizzazione di Royal Mail.
La privatizzazione di Royal Mail da parte del blairiano Mandelson, già commissario europeo al Commercio, è stato bloccata di fronte alla forte opposizione del sindacato e come contentino alla sinistra del partito che ha contribuito a salvare Brown, messo in pericolo dalla rivolta dei peones, nel giugno scorso. Mandelson tuttavia sembra aver mal digerito la sospensione del piano e negli ultimi giorni non ha perso occasione per attaccare i sindacati, affermando che lo sciopero rischia di segnare il declino dell'azienda e che molti clienti passeranno a usare servizi telematici per spedire documenti, dato che «su Internet non è possibile fare picchettaggi». Il leader dei conservatori David Cameron, ha approfittato dello sciopero per accusare il governo di debolezza di fronte ai sindacati e ha confermato che una volta al governo i Tory procederanno con il piano di privatizzazione.
Il conflitto tra sindacati e dirigenti di Royal Mail sta riportando alla memoria le grandi lotte dei lavoratori degli anni '70 e '80, con il Daily Mirror che ha addirittura paragonato i postini ai minatori che lottarono contro la Thatcher. A 30 anni di distanza dal Winter of Discontent, la versione britannica del nostro autunno caldo, lo sciopero dei postali sembra la prima avvisaglia di risveglio dei lavoratori britannici, che non ne vogliono sapere di pagare le conseguenze della crisi finanziaria.
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