«Grazie per il sostegno che ci state dando. E' molto importante la vostra solidarieta. Purtroppo non possiamo unirci alla protesta perché e troppo pericoloso per noi», diceva un ragazzo afghano nell'ultima assemblea prima della protesta di ieri a sostengo dei migranti a Calais: la porta d'Europa sull'Inghilterra, che per molti migranti in arrivo dall'Asia e dall'Africa si rivela un cancello sbarrato. E ieri e andata proprio cosi. Mentre i ragazzi e le ragazze giunte da diversi paesi della «fortezza Europa» al campeggio di protesta no border invadevano le strade di Calais, i sans-papiers per cui manifestavano, per paura di rappresaglie della polizia, si sono ritirati nei loro accampamenti tra boscaglia ed edifici abbandonati.
Si tratta di quell'area di Calais che qui migranti e abitanti locali chiamano «la giungla», o ancora meglio le giungle, per distinguere le diverse boscaglie abitate da persone provenienti dall'Asia meridionale - afghani pashtun e azeri, iraniani, curdi, indo-pachistani, palestinesi - ma pure da africani tra cui somali, sudanesi ed eritrei. Secondo alcune stime qui si troverebbero quasi duemila migranti in attesa della volta buona per passare la Manica, nascosti tra i container o sui Tir. Gente in fuga da guerra e violenza che vuole andare in Gran Bretagna perché spera di ottenervi il diritto di asilo che non gli è stato concesso in Francia. C'è chi ha provato 18 volte e non c'è riuscito. Molti rimangono per mesi o anni nelle giungle, dove sono oggetto della continua minaccia delle ronde di polizia e degli sgomberi. Alcuni per la disperazione provano ad attraversare la Manica camminando lungo le gallerie dell'Eurotunnel, dove i treni sfrecciano a 160 chilometri orari, come hanno fatto quattro afghani a fine anno. Questa situazione va avanti da meta anni '90 e si è aggravata nel 2004, quando Francia e Regno Unito hanno stretto un accordo per scambiarsi posti di frontiera a Dover e Calais, decisione voluta dal Regno Unito per evitare l'arrivo di richiedenti asilo.
Per mettere in luce questa situazione tragica, ieri 2.000 manifestanti hanno attraversato Calais, chiedendo di eliminare i controlli migratori. Contro di loro la polizia anti-sommosa presidiava la citta, dopo una pesante campagna di stampa che anticipava il rischio di violenze. I Crs francesi armati di gas lacrimogeni e granate sonore hanno rallentato il cammino dei manifestanti provenienti dal campeggio verso il faro di Calais, dove si sono uniti con partiti, sindacati e gruppi religiosi. Le scaramucce sono continuate, con diversi manifestanti feriti dalle manganellate. Poca cosa però rispetto alla tensione dell'altro ieri, quando la polizia sembrava intenzionata a sgomberare il campeggio di protesta dopo che alcuni manifestanti avevano bloccato per alcune ore la vicina autostrada.
«Abbiamo mostrato che i migranti non sono soli a conbattere i confini», ha affermato Lounes, attivista parigino di origini algerine. «L'esistenza dei confini crea razzismo e odio verso il diverso. Il diritto al movimento è un diritto fondamentale. Bisogna poter scappare da situazioni dove affronta violenza e miseria e andare altrove per farsi un'altra vita». Per Tom, attivista gallese, «i migranti illegali vengono da paesi che continuano a essere depredati in maniera coloniale, e magari pure vittime dell'attacco militare dei paesi occidentali. Come si puo negare il diritto di asilo agli afghani, dopo quello che abbiamo fatto là negli ultimi 8 anni?».
Le proteste di questi giorni sono sicuramente riuscite ad attirare l'attenzione dei media e a mettere in imbarazzo le istituzioni, che cercano di nascondere il problema - qualche anno fa hanno fatto fuori il centro della Croce Rossa di Sangatte, che forniva almeno cibo e indumenti ai migranti. Quanto a un cambiamento della politica migratoria, nessuna soluzione è in vista per i migranti radunati a Calais - nonostante il sindaco della cittadina, Natacha Bouchat dell'Ump di Sarkozy, si sia dichiarata favorevole a eliminare questo assurdo confine nel cuore dell'Europa, pur di liberarsi dei migranti costretti a vagare per le strade di Calais.
Le tende del campeggio «no border» saranno levate già domani, gli accampamenti dei migranti continueranno a punteggiare le giungle nella zona vicino al porto nei mesi e negli anni a venire. «I politici ci dicono che l'abolizione dei confini è cosa assurda» afferma Hassan, attivista iraniano arrivato a Londra 20 anni fa: «Eppure in Europa da più di 15 anni di fatto si vive senza confini tra paesi molto diversi tra di loro anche in termine di ricchezza, e non mi pare che sia successo il pandemonio». Nell'attesa che qualcuno dia ascolto a idee come questa, ai migranti non resta che sperare in un posto tra i container per attraversare le 21 miglia che separano Calais da Dover, in Inghilterra, al modico costo di mille euro.
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