Slogan razzisti urlati a squarciagola, mattoni e bottiglie che infrangono le finestre, calci che piegano i cardini delle porte, una pistola puntata che intima - «andatevene se non volete morire». Questo il trattamento che ha spinto 114 persone di etnia rom ad abbandonare le proprie case assaltate lunedì notte da un branco di giovani neo-nazisti. La squadraccia che ha rivendicato di essere parte dell'organizzazione terroristica Combat 18 proveniva dalla Village Area, un quartiere nel Sud di Belfast noto per essere un baluardo di gruppi paramilitari unionisti.
Dopo aver trovato rifugio temporaneo in una chiesa, ieri le 20 famiglie sfollate sono state sistemate in un palazzetto dello sport di proprietà del comune. «Questa è una vergogna per la città. Quanto è successo è assolutamente inaccettabile» - ha affermato Naomi Long, sindaco della capitale dell'Irlanda del Nord. «Belfast sta diventando ormai da tempo una città multiculturale. Non possiamo permettere a una piccola minoranza di fermare questo processo». Ma l'ospitalità dell'autorità locale non sembra aver riassicurato le vittime dell'attacco. «Non ho nessuna intenzione di restare a Belfast. Voglio tornare al più presto in Romania», ha dichiarato Maria, una giovane donna che si è improvvisata portavoce del gruppo.
Il gruppo di rom, composto da molti bambini tra cui una neonata di 5 giorni, è ancora traumatizzato dopo una campagna di intimidazione durata due settimane che è culminata, lunedì sera, in un assalto contro la propria abitazione. Ad una manifestazione anti-razzista che era stata convocata in una via vicina per esprimere solidarietà con le famiglie rom, i neo-nazisti hanno risposto passando dalle parole ai fatti e hanno assaltato violentemente l'abitazione in cui si trovavano le famiglie, minacciando anche di tagliare la gola a una bambina di cinque anni.
L'episodio è l'ennesimo segnale del montare dell'intolleranza, nel Regno unito dopo il successo elettorale del British National Party alle elezioni europee, ed in particolare a Belfast, una città tristemente nota per gli scontri tra nazionalisti e unionisti. Negli ultimi anni, alla violenza settaria si sono andati ad aggiungere attacchi contro le comunità immigrate che nel 2004 avevano spinto ilGuardian a definire Belfast «la capitale razzista d'Europa». Svastiche disegnate sui muri, escrementi lasciati sulla soglia di casa, e volantini razzisti inchiodati alla porta, hanno ritmato l'esplosione di questa ondata xenofoba.
Alla crescita degli episodi razzisti si sta sommando pure un ritorno del conflitto tra nazionalisti e unionisti che si era in parte placato dopo la firma degli accordi di pace del Good Friday nel 1998. Ad inizio aprile il giovane cattolico Kevin McDaid fu linciato a Belfast da una folla inferocita di unionisti, dopo la segnalazione di una bandiera irlandese sulla sua abitazione. Ed attacchi violenti contro membri della comunita cattolica sono aumentati dopo il ritorno sulla scena di gruppi paramilitari nazionalisti avvenuti ad inizio marzo, con l'attentato ad una base militare nella contea di Antrim, dove morirono due soldati inglesi e l'uccisione dopo pochi giorni di un poliziottto nella contea di Armagh. Attentati rivendicati rispettivamente dalla Real IRA, e dalla Continuity IRA, due organizzazioni fuoriscite dall'IRA che non rispettano il cessate il fuoco firmato da Gerry Adams undici anni fa.
Di fronte all'aumentare della violenza, un fattore preoccupante e la crescente sovrapposizione tra paramilitari unionisti e gruppi nazisti, tra cui spicca la fantomatica organizzazione Combat 18, i cui slogan sono stati usati nei mesi scorsi anche in attacchi contro i cattolici.
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