I corpi sono arrivati. Scaricati uno a uno dalla pancia del C-17 che li ha portati alla base RAF di Lyneham, nel Wiltshire. Caricati con una coreografia militare su auto funebri Mercedes Benz, guidate da becchini con bastone e bombetta. Salutati da due ali di folla lungo le strade di Wooton Bassett, paese che vive all'ombra della base RAF da cui gli aerei partono carichi di mezzi e soldati per riportare indietro cadaveri e rottami. È la settantesima volta negli ultimi due anni che si svolge questa scena, dopo che gli abitanti del paese hanno chiesto di poter onorare pubblicamente i caduti, invece di vedere le auto che trasportano le bare avvolte dall'Union Jack passare di sfuggita come se nulla fosse. E non sarà certo l'ultima.
Ieri a passare per le strade di Wooton Bassett sono stati gli otto militari britannici morti venerdì scorso nella provincia dell'Helmand teatro di scontri feroci tra talebani da una parte e forze americane e britanniche dall'altra. In cinque sono morti per due bombe esplose in successione a Sangin. Altri due per l'esplosione di due ordigni a Nad-e-Ali. Un altro ancora è stato colpito a morte mentre faceva la sentinella a Char-e-Anjir. Otto morti pesanti, che portano la lista dei caduti in Afghanistan a quota 184: più dei 179 morti britannici in Iraq. I morti inglesi sono già 15 dall'inizio di luglio, quello che si sta rivelando il mese più sanguinoso dal settembre 2006. Così nella «guerra dimenticata» condotta da ormai quasi otto anni nelle lande impervie dell'Afghanistan, il mondo politico si trova costretto a fare i conti con il costo in vite umane dell'offensiva voluta dal presidente degli Stati uniti Barack Obama contro gli irriducibili talebani.
Brown ha approfittato della tragedia per invitare Karzai a schierare truppe afghane nell'Helmand al fine di «difendere il terreno conquistato con tanta fatica». I conservatori, invece, hanno colto l'occasione per criticare la conduzione della guerra. Il vice-segretario del partito John Maples ha affermato che «sempre più persone si chiedono se è possibile vincere questa guerra e se gli obiettivi che ci siamo posti siano ragionevoli, considerati i militari in campo ed il loro equipaggiamento». Critiche a cui l'esecutivo ha replicato dicendosi disposto a soddisfare ogni richiesta venga dai generali, rivendicando 3 miliardi di sterline spesi nel conflitto in un anno di crisi economica, e riaffermando con il neo-ministro della difesa Bob Ainsworth che la guerra deve essere vinta, costi quel che costi. Nel frattempo, 700 soldati inviati per fare da guardia alle elezioni presidenziali nel paese, rimarranno oltre la data prevista per il ritorno e ulteriori rinforzi potrebbero essere inviati nei prossimi mesi.
A essere poco convinti della necessità di questo conflitto continuano ad essere i sudditi del Regno unito, seppur la guerra in Afghanistan sia sempre stata più popolare di quella in Iraq. In base ad un sondaggio pubblicato ieri il 56 per cento dei britannici vorrebbe il ritiro delle truppe entro l'anno. Per Lindsey German, leader del gruppo anti-guerra Stop the War «sempre più persone capiscono che questo conflitto non ha a che fare con gli interessi degli afghani, ma con le mire del Regno Unito e degli Stati uniti. Il fatto è che hanno perso la guerra in Iraq e ora sperano di recuperare lo smacco vincendo il conflitto in Afghanistan». «Fa male vedere tanto sangue versato invano», le fa eco Rose Gentle, madre di Gordon Gentle, soldato morto in Iraq nel 2004, e diventata portavoce dei familiari dei militari che si oppongono alla guerra. «È arrivato il momento di dire basta. Il governo deve ascoltare i britannici e portare i nostri soldati a casa».
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