La camera non è niente di speciale. Una stanzetta con armadio a muro che ospita un letto e un tavolino, al terzo piano di un casermone dell'edilizia popolare anni '50 nel quartiere di Mile End, a est di Londra. «450 sterline al mese escluse le spese», afferma l'agente immobiliare. «Mi chiami entro domani se la vuole. È un affare di questi tempi».
«Casa dolce casa», sospiravano compiaciuti i padri di famiglia borghesi della Londra vittoriana di ritorno alla loro dimora. Ma oggi per tanti londinesi la parola «casa» non evoca solo immagini di quiete, ma soprattutto preoccupazione e insicurezza. La crisi finanziaria che sta facendo traballare i pilastri dell'economia britannica è in buona parte frutto delle speculazioni fatte sul mercato delle abitazioni nell'ultimo decennio. Dal 2000 al 2007 il valore medio delle case è più che raddoppiato, in una bolla immobiliare senza precedenti, con cui si è prolungato artificialmente uno dei più lunghi cicli di crescita dell'economia britannica dal dopoguerra. Ed è proprio sulla casa che si abbattono le prime conseguenze del crollo delle borse.
Con la crisi dei mutui si sta aggravando il crollo del mercato immobiliare, cominciato nell'estate 2007. Secondo Halifax, la banca specializzata nel settore dei mutui che è stata appena salvata dal governo, negli ultimi dodici mesi il valore medio delle case è diminuito del 13% ed è destinato a scendere ulteriormente. Ma il crollo dei prezzi delle case non si traduce in un miglioramento della situazione abitativa. La prima conseguenza della crisi è il blocco quasi totale di una nuova ondata di costruzioni: 180.000 case che, secondo il governo, avrebbero dovuto alleggerire il mercato immobiliare.
«L'economia va male», dicono in coro gli esperti, e che l'economia vada male nessuno lo sa meglio di chi in questi giorni sta vedendo la casa portata via dalla banca. Anche qui come negli Usa si sono concessi mutui come fossero noccioline e adesso si vedono le conseguenze di questa dissennata corsa al mattone. Nell'ultimo mese le insolvenze sono aumentate del 17% . E secondo Shelter, Ong che si occupa di senza tetto e persone con problemi abitativi, almeno 900mila famiglie hanno problemi a pagare le rate.
Private delle casa, queste persone si trovano costrette a cercare una casa in affitto, e le agenzie immobiliari fanno fatica a rispondere alle domande. «Riusciamo a coprire solo un terzo delle richieste», conferma al telefono un'impiegata della Foxton's, una delle principali agenzie immobiliari. Basta scorrere gli annunci per camere e case in affitto: i prezzi puntano al rialzo e diventa sempre più difficile a Londra trovare una camera decente sotto le 500 sterline al mese, spese escluse, senza trasferirsi nelle cinture più esterne.
«Gli affitti stanno salendo», conferma Mike Heath di Shelter. « Così i primi ad essere colpiti dalla crisi sono quelli che già prima si trovavano ai margini del mercato abitativo. Molti si rivolgono a noi in questi giorni per richiedere informazioni o accedere ai nostri servizi. A causa del costo elevato degli affitti, e con l'inflazione sui beni di largo consumo in crescita, la gente si vede costretta a tagliare bisogni essenziali, pur di tenere la casa».
La crisi economica alimenta un clima di sospetto nel mercato immobiliare, le cui prime vittime sono gli inquilini a basso reddito. A chi cerca casa spesso vengono chieste informazioni sulla propria condizione lavorativa, copie dell'estratto conto e lettere di referenza dai precedenti padroni di casa. E per chi una casa l'ha già affittata, in questi mesi sono arrivate raffiche di rialzi. Con l'aumento dei interesse dei mutui negli ultimi mesi, tanti padroni di casa che avevano acceso un mutuo per poi affittare la casa (con un contratto denominato buy-to-let) si sono rifatti aumentando gli affitti.
Mentre aumentano le insolvenze e gli affitti salgono alle stelle, la situazione si fa difficile pure per chi una casa ha deciso di comprarla. Dopo anni di prestiti facili le banche sono spaventate e chiedono garanzie pesanti agli aspiranti proprietari. «Dopo questa crisi, una casa la devi ricevere in eredità, o avere un bel gruzzolo in banca per comprarla», afferma David Smith, coordinatore della campagna «Our Homes, Our London» dell'organizzazione civica London Citizens che raggruppa sindacati e organizzazioni religiose.
«Si tratta di un vero e proprio apartheid nell'accesso ai diritti fondamentali», afferma Smith. «Il problema della casa si riflette sulla qualità della vita delle persone. Distrugge matrimoni e famiglie. In diverse comunità che fanno parte della nostra organizzazione le persone vivono già in una situazione di sovraffollamento». Basta farsi un giro tra le case popolari dell'Ocean Estate a Shadwell, per imbattersi in situazioni abitative da romanzo di Dickens. Famiglie pakistane e bengalesi di sette o otto persone, ammassate in una casa con due stanze da letto. Quello che era uno dei più grandi «council estates» della capitale verrà presto abbattuto per fare posto ad appartamenti di lusso per una nuova ondata di lavoratori finanziari che non arriverà mai.
Ed è proprio la svendita dell'edilizia popolare il principale imputato della crisi abitativa. È dal 1979, con la salita dei conservatori al potere che è diminuito il numero di case pubbliche. In quell'anno una Thatcher fresca di elezione lanciò il provvedimento Right-to-Buy (diritto all'acquisto), e il suo portavoce Heseltine annunciò che avrebbe portato una «rivoluzione sociale» nel paese. Con questa iniziativa, gli inquilini delle case popolari acquisivano il diritto a comprare l'appartamento in cui vivevano a prezzi modesti. Ma poiché il contratto non comprendeva la proprietà terreno, alcuni sono stati costretti ad andarsene sull'onda di progetti di rinnovamento e demolizione di vecchi palazzi, con in mano soldi insufficienti per comprare una casa sul mercato privato.
Dopo 27 anni di svendite, oggi la stragrande maggioranza delle case popolari sono in mani private, o assegnate a housing associations, organizzazioni a metà tra pubblico e privato, preoccupate prima di tutto ad abbassare le spese e aumentare gli introiti. Così se ne è andato uno dei patrimoni più consistenti di edilizia pubblica a livello europeo. La furia privatizzatrice thatcheriana, continuata sotto i governi Labour, ha lasciato dietro di sé un deserto abitativo, in cui la casa è diventata un macigno sulle spalle delle famiglie a basso reddito. «La gente ha lottato per decenni per avere garantito un diritto alla casa, con proteste e scioperi degli affitti», racconta Ellie, un'attivista per il diritto abitativo. «Ora ci troviamo di nuovo a dover ricostruire un movimento per la casa e riguadagnare ciò che abbiamo perduto in questi anni».
Le proposte innovative per rispondere alla crisi abitativa non mancano. La campagna di London Citizens «Our Homes, Our London» propone ad esempio l'introduzione di «Land Trust Schemes», in cui la proprietà dei terreni viene affidata ad un'organizzazione no-profit gestita dalla comunità locale, mentre gli inquilini possono acquistare le abitazioni a prezzi contenuti. In questo modo secondo London Citizens si potrebbe abbassare il costo delle abitazioni fino al 60% ed assicurare che i terreni rimangono proprietà delle comunità. Un progetto pilota è stato iniziato a Stratford, nell'est di Londra e l'organizzazione spera di diffondere l'iniziativa in altri quartieri.
«Questa iniziativa tuttavia non può sostituire un'edilizia pubblica che offra case a prezzi ragionevoli», avverte Smith. «Case economiche», aveva promesso il primo ministro Gordon Brown nel luglio 2007 di fronte alle prime avvisaglie della crisi. Ma dopo l'arrrivo della tempesta finanziaria e con il governo che ha accumulato un debito ingente per salvare le banche, ci sono forti dubbi che rimangano risorse per «salvare» chi ha bisogno di una casa.
Nessun commento:
Posta un commento