LONDRA. Dei due fratelli Miliband alla fine ha prevalso Ed: il più giovane, il più empatico, il più progressista dei due figli d'arte di Ralph Miliband, teorico marxista, attivista pacifista, tra i fondatori della New Left Review. Con una imprevista rimonta, ed una vittoria giunta alla quarta tornata di votazioni, il primo congresso del Labour dopo la sconfitta del maggio scorso ha incoronato l'ex sottosegretario al cambiamento climatico come successore di Gordon Brown alla guida del partito. Sconfitto il fratello David, di posizioni piu centriste, ex ministro degli esteri, considerato delfino di Tony Blair e dato come grande favorito all'inizio.
Accettando l'incarico di fronte a centinaia di delegati laburisti nel centro conferenze di Manchester, Ed ha promesso di cambiare rotta per tornare a vincere dopo 13 anni di governo. Dopo aver abbracciato ed omaggiato il fratello, il nuovo leader ha ammesso che il partito ha perso la fiducia dell'elettorato e che la strada è in salita. «So che dobbiamo cambiare: oggi una nuova generazione si fa in carico il Partito laburista e raccoglie questo appello al cambiamento», ha gridato con la sua voce un po' gracchiante. Poi ha promesso un ritorno agli obiettivi sociali del partito affermando di volere lottare «per la maggioranza dei britannici che lavora sodo, che rispetta le regole e vuole una Gran Bretagna meno divisa e più prospera», frecciata alla City che ha messo il paese in ginocchio.
Il successore di Gordon Brown, che lo aveva portato nel suo governo, è un uomo di 40 anni con l'aspetto da eterno giovanotto ed i modi da ragazzo di buona famiglia preoccupato per le classi piu deboli. Certo non si tratta di un vulcano di carisma, né di una figura di alta caratura intellettuale. Tuttavia il suo messaggio obamiano di cambiamento e la promessa di un nuovo inizio sembrano aver ben interpretato gli umori di una base che vuole tornare ai valori tradizionali di difesa dei lavoratori dopo la svolta centrista ed il flirt con il mondo del business degli anni blairiani del New Labour.
A favore di Ed ha anche giocato il fatto di potersi presentare come un «uomo nuovo» rispetto al fratello più machiavellico e navigato. Ed Miliband è reduce dalla sua prima legislatura e ha guadagnato fama di politico onesto. Ha la stima degli ecologisti per essere stato uno dei principali sostenitori della politica di radicale riduzione dei gas serra portata avanti dai goveri Blair e Brown, e per l'impegno speso (inutilmente) per arrivare a un accordo globale sul clima al vertice di Copenhagen di dicembre.
Ma a far diventare Ed Miliband successore di Gordon Brown sono stati soprattutto i sindacati che hanno fatto confluire in massa i loro voti su di lui. Il fratello David che pure godeva dell'appoggio della maggior parte dei parlamentari e delle sezioni locali del partito ha avuto l'appoggio solo di 2 sindacati minori. Sulla scorta del sostegno sindacale e dei settori più «movimentisti» del partito, si prevede che ora Ed andrà all'attacco della politica di riduzione del deficit del governo di coalizione liberal-conservatore guidato da David Cameron che sta mettendo a repentaglio diversi servizi pubblici e che rischia di aumentare i disoccupati.
L'elezione di Ed Miliband alla guida del partito giunge all'indomani della nomina dell'ex sindaco di Londra Ken Livingstone, «Ken il rosso» per le sue posizioni socialisti, come futuro sfidante di Boris Johnson, il conservatore che gli è succeduto 2 anni fa. Le vittorie di Livingstone e Miliband, sembrano suggerire un seppur timido ritorno verso la sponda sinistra dell'agone politico, anche per capitalizzare sul dissenso dei lavoratori rispetto alla politica economica del governo Cameron. Così se il New Labour guardava alle classi medie e alla «Middle Britannia», ora il partito si rende conto di doversi riguadagnare la fiducia delle classi popolari, disilluse dalla svolta centrista del partito. Come Ed Miliband ha ripetuto più volte durante la sua campagna per la guida del Labour, «Non possiamo più considerare i lavoratori a basso reddito come nostri elettori automatici. Sono loro che abbiamo perduto e sono loro che dobbiamo recuperare».
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