giovedì 23 aprile 2009

La Gran Bretagna torna «socialista»: aumentate le tasse ai più ricchi

«Aumenteremo l'aliquota per i redditi più alti». Quando ieri il cancelliere dello scacchiere Alistair Darling ha sfoderato questa sorpresa dalla mitica red box - la valigietta rossa, già appartenuta a Gladstone, e in cui ancora oggi ogni anno viene trasportato il budget report in parlamento - un tremolio ha percorso i divani verdi di Westminster. Era dal 1979, da quando la Thatcher prese il potere, che nell'aula dei Commons non si sentiva una cosa del genere. «Sogno o son desto?», sembrava dire il volto dell'erede alla guida dei conservatori David Cameron, mentre gongolavano gli ultimi banchi, riserva indiana dei pochi «socialisti» sopravvissuti al decennio New Labour.
Di fronte a una crisi nera, che quest'anno si mangerà oltre il 4% dell'economia nazionale, il governo si è visto costretto a violare il dogma del taglio alle tasse: l'aliquota per chi guadagna da 150 mila sterline in su - il 2% della popolazione - viene portata dal 40 al 50%. Siamo anni luce dal «socialista» 83% per i redditi più alti che vigeva ai tempi di «faccia di sole» Jim Callaghan, premier tra il '76 e il '79. Ma di fronte all'insofferenza dell'opinione pubblica nei confronti dei «gatti grassi» dell'alta borghesia, il Labour si è visto costretto a un pur timido ritorno al piatto della casa: la redistribuzione del reddito.
A dire il vero, più che i ricchi a pagare la crisi saranno ancora una volta i poveri e la spesa pubblica, a cui vengono tolti 15 miliardi di sterline di «risparmi in efficienza» e la cui crescita viene limitata allo 0,7% per i prossimi anni. Una misura con cui il Labour cerca di tenere buono il mondo finanziario - che ieri ha risposto alla presentazione della finanziaria con un nuovo crollo in borsa - inorridito da un deficit pubblico annuo destinato a superare il 10% il prossimo anno. Il Regno Unito, già paese di famiglie indebitatissime, si appresta così a diventare pure un paese ad alto debito pubblico: oltre l'80% del Pil nel giro di 5 anni.
David Cameron, che non vede l'ora di arrivare alle elezioni previste tra un anno, ha criticato duramente la finanziaria, definendo il governo «incompetente» e paventando il dramma delle future generazioni schiacciate dal debito pubblico. Darling gli ha risposto che «non si puo uscire dalla crisi con i tagli alla spesa, ma soltanto con la crescita». Crescita che secondo Darling ritornerà a farsi viva già il prossimo anno con un Pil al +1,25%. Peccato che l'ottimismo del cancelliere sia stato immediatamente smentito dagli economisti dell' Fmi, secondo cui la recessione continuerà anche l'anno prossimo.
Le magre speranze di ripresa sono appese a un piatto misto di misure con cui Darling si è giocato i pochi soldi a sua disposizione. Due miliardi di sterline per un programma di creazione di posti di lavoro, di fronte a una disoccupazione a quota 6,7%, e un contributo rottamazione da 2 mila sterline per dare fiato all'industria automobilistica. Il tutto servito con un contorno verde, in cui figurano mezzo miliardo per la creazione di parchi eolici e 400 milioni di fondi per tecnologie a basso impatto ambientale.
Per essere probabilmente l'ultima finanziaria targata Gordon Brown e la prima finanziaria dopo l'inizio della «grande crisi», pubblico e commentatori si aspettavano qualcosa in più. Ma dopo aver speso centinaia di miliardi di sterline per salvare i banchieri sono rimaste solo briciole per salvare le classi popolari, colpite da aumenti dell'Iva nascosti alle pieghe della finanziaria. A essere colpita pure la bevanda nazionale: un penny in più di tasse per ogni pinta di birra.

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